di Antonio Stanca –

Quest’anno la Sellerio ha ristampato un romanzo dello scrittore giapponese Yokomizo Seishi, La locanda del Gatto nero. La traduzione è di Francesco Vitucci. L’opera risale al 1973, al periodo, cioè, della piena attività letteraria di Seishi che si colloca tra gli altri fenomeni positivi del Giappone dell’epoca della Showa.

Seishi è nato a Kobe, Hyogo, nel 1902 ed è morto a Tokyo nel 1981. Fin da ragazzo si era mostrato interessato alle vicende complicate, difficili da risolvere, di genere giallo, e già nel 1921, a diciannove anni, aveva cominciato a scrivere anche se non propriamente in quel genere. Lo avrebbe fatto nel 1934 quando si trovava sulle montagne di Nagano ed era convalescente per essersi curato di quella tubercolosi che lo tormenterà per tutta la vita.

Allora si era già laureato in Farmacia ma non aveva voluto lavorare nella farmacia di famiglia, si era pure trasferito a Tokyo impiegato presso un’importante casa editrice finché, intorno agli anni ’30, aveva cominciato a scrivere. Tuttavia durante la seconda guerra mondiale non sarebbe stato un autore molto conosciuto e solo nel dopoguerra lo sarebbe diventato. Le sue opere avrebbero contribuito a diffondere nel Giappone un nuovo tipo di romanzo giallo, quello che combinava elementi della tradizione nazionale, atmosfere cupe, presenze misteriose, con altri della tradizione occidentale, la “detective story”.

Molto letto, molto tradotto sarebbe stato Seishi. Gli anni Settanta avrebbero rappresentato il culmine del suo successo.

Poche, però, sono state le opere che di lui sono giunte in Italia. Tra queste La locanda del Gatto nero è la più recente. Anche qui compare Kindaichi Kōsuke, il poliziotto privato giapponese diventato, grazie a Seichi, un personaggio, una figura molto popolare presso il pubblico dei lettori. Kindaichi interviene nei casi più difficili, nelle situazioni che sembrano senza soluzione. Attira il suo modo di fare, calmo, semplice, sicuro, mai agitato, allarmato e sempre pronto a cogliere, capire, collegare, spiegare, giungere alla verità.

Ne La locanda del Gatto nero un uomo e una donna sono stati uccisi e sepolti prima vicini, poi ad una certa distanza e accanto alla donna pure un gatto nero è stato ucciso e sepolto.

La vicenda diventerà quanto mai complicata, affonderà le sue origini nel passato remoto della colpevole maggiore, la bellissima Oshige, moglie del proprietario della locanda, Daigo Itojima. Intorno ai coniugi Itojima si svolgerà l’intera storia, saranno loro direttamente o indirettamente interessati, vicini o lontani dagli altri protagonisti.    

La loro locanda si trova in un quartiere periferico di Tokyo, in una zona malfamata, tra strade strette e buie. Una zona che dopo la guerra stenta a riprendersi ed è abitata da gente poco raccomandabile. Nei dintorni ci sono un vecchio tempio buddista in parte rovinato, un cimitero abbandonato, una distesa di terreno molto irregolare, quanto lo scrittore ha ritenuto sufficiente a creare quell’atmosfera inquietante, sospesa che percorre l’intera opera e che serve ad incuriosire, attirare il lettore.

La vicenda assumerà aspetti che nessuno poteva prevedere o immaginare, ci saranno risvolti che lasceranno stupiti, meravigliati. Sembrerà impossibile giungere ad una conclusione, ad una spiegazione, alla verità circa quanto è accaduto e sta accadendo, tanto diventerà oscura, incomprensibile la situazione, tanto saranno capaci i colpevoli di eludere ogni sospetto, confondere ogni traccia.

Una vasta narrazione diventerà questo romanzo giallo di Seishi, molte persone, molti luoghi, molti ambienti, molta vita del Giappone di allora farà vedere e sempre facile, chiaro sarà nel suo procedere, nel suo esprimersi. E’ il segno che risalta ogni volta che c’è un autore di successo, un autore che tanti vogliono leggere. Per quei tanti, per tutti egli scrive e per questo è diventato di tutti.

Antonio Stanca