di Antonio Stanca –

Non era andato bene a scuola né era migliorato all’Università fino a lasciare di studiare e ad arruolarsi nell’esercito americano quale sergente di fanteria. Aveva preso parte alla seconda guerra mondiale ed aveva combattuto in Europa dopo lo sbarco in Normandia.

È lo scrittore Jerome David Salinger che, nato a New York nel 1919, è morto a Cornish, New Hampshire, nel 2010. Aveva novantuno anni e da quando ne aveva quarantasei, nel 1965, aveva smesso di scrivere, aveva sempre più evitato di comparire in pubblico, si era ritirato in un silenzio che lo aveva fatto credere morto prima del tempo.

Con racconti pubblicati su riviste aveva cominciato la sua attività letteraria e altri racconti avrebbe scritto prima di smettere con la scrittura. Tra queste due fasi ci sarebbe stata, nel 1951, la pubblicazione del suo unico romanzo The Catcher in the Rye, che in Italia nel 1952 sarebbe diventato Vita da uomo e nel 1961 Il giovane Holden. Era stato un successo internazionale se si pensa che fino agli anni Novanta del secolo scorso è durata una vendita di centinaia di migliaia di copie.

Dalla sua vita, dalle sue difficoltà, dai suoi problemi a scuola Salinger aveva ricavato il motivo principale del romanzo. Era lui il “giovane Holden” che era stato espulso per alcuni giorni dalla scuola e che invece di rientrare a casa aveva deciso di trascorrere quei giorni tra le strade e i locali pubblici di New York alla ricerca di persone, amici, amiche, con le quali fermarsi, parlare, scambiare le proprie opinioni. Sarà grave ma dovrà constatare che è difficile, impossibile avere rapporti nei quali poter essere spontanei, sinceri dal momento che manca qualunque spirito di collaborazione, di partecipazione, qualunque comprensione. A lui gli scambi sarebbero serviti per far sapere che quella di non andare bene a scuola non era una colpa, che il suo non era un reato. Costretto si era visto, invece, a rimanere solo con le sue convinzioni, a non poterle trasmettere a nessuno, a doversi riconoscere vittima di un ambiente che non aveva posto per lui, che non capiva la sua condizione poiché tante erano le convenzioni, tanti i pregiudizi, i conformismi sui quali poggiava e da tempo. Erano le regole dell’ambiente altoborghese al quale apparteneva la famiglia di Salinger e, naturalmente, quella di Holden. Era l’ambiente della vecchia America che veniva a scontrarsi, mediante Holden e i suoi bisogni di verità, di semplicità, con quello della nuova America, dei giovani che volevano andare oltre l’apparenza, superare il sistema costituito, i codici fissati, i principi convenuti. Era un problema di generazioni, una questione sociale quella che Salinger aveva suscitato con la sua opera.

Era stata tanta la gioventù che in America e nel mondo si era identificata con Holden, che si era ritrovata nel linguaggio comune, quotidiano del romanzo,erano stati questi i motivi di un successo così clamoroso e così prolungato!

E ancora i giovani, i ragazzi, le loro difficoltà, i loro problemi sarebbero stati i protagonisti di quei racconti venuti dopo il romanzo e scritti prima del lungo silenzio col quale Salinger avrebbe scelto di concludere i suoi anni, la sua vita. A differenza, però, del romanzo nelle ultime narrazioni intervengono, oltre ad una forma espressiva più ricercata, motivi di carattere filosofico, religioso, della religione cristiana e di quella buddista, compaiono personaggi, situazioni che si continuano in queste opere fino a farle sembrare delle saghe familiari. In essenon c’è solo il confronto tra vecchio e nuovo come nel romanzo ma ci sono anche quelle complicazioni alle quali il nuovo è ormai esposto, quei sistemi di pensiero, quelle dottrine che i giovani hanno accettato di vivere, di praticare, che provengono dall’esterno, da lontano, generalmente dall’Oriente, e che vogliono essere uniche, totali. Ancora una volta Salinger aveva accoltole nuove tendenze, si era avvicinato ad esse ene aveva fatto argomento della sua narrativa. Lo si può constatare nei due racconti compresi nel volume Franny e Zooey, che risale al 1961 e che recentemente è stato inserito nella serie di pubblicazioni dedicata a Salinger da “La Biblioteca di Repubblica-L’Espresso”. La traduzione è di Romano Carlo Cerrone e Ruggero Bianchi.

Franny e Zooey sono i due protagonisti dei racconti, sono i figli più giovani di una numerosa famiglia americana che vive a New York in un ampio appartamento. Entrambi sono giunti al punto da sentirsi diversi, lontani dall’ambiente familiare, da volere altro, da aspirare ad altro rispetto a quanto per loro era stato programmato. Succederà, però, che né lei, Franny, né lui, Zooey, sappiano chiarirsi le proprie idee circa la vita da perseguire, da condurre, e che giungano ad età matura senza ancora essersi realizzati. In verità da qualche tempo Franny aveva cominciato a concedersi a pensieri, a principi appresi da scritture sacre non solo cristiane, a credere nel valore, nella funzione della divinità, a pensare di poterla vivere nella propria persona. Certe letture l’avevano convinta che la recitazione mai interrotta di alcune preghiere avrebbe trasformato chi recitava in una personificazione di Dio. E su questa strada si era messa, alla preghiera dedicava tanto suo tempo, tanta sua vita, per la preghiera trascurava tanti interessi. Il divano della sua stanza era quasi diventato l’unico suo luogo perché il luogo della sua preghiera.

Grave, assurdo sembrava questo comportamento al fratello Zooey, lo criticava, cercava di spiegare alla sorella che nella vita ci sono dei doveri da compiere, che la sua non era una realizzazione ma una malattia, che non aveva bisogno di libri ma di cure che smuovessero quanto in lei si era radicato. Non riuscirà a convincerla anche perché i suoi ragionamenti, le sue spiegazioni molto ampie, molto estese, non lo mostreranno completamente libero da quella vita di soli pensieri della quale era finita vittima la sorella. Anche lui era alla ricerca di un mondo diverso, di una dimensione superiore. E mentre Franny credeva di aver trovato il modo per raggiungerla Zooey ancora non era riuscito e questo poteva essere il motivo delle critiche alla sorella.

Pensieri, riflessioni, convinzioni di carattere religioso, filosofico, problemi di carattere morale, esistenziale, uniscono e dividono i discorsi, i dialoghi, le conversazioni dei due fratelli, allargano e restringono le loro possibilità di realizzazione, aumentano e riducono le loro speranze. Impediscono, intanto, che si raggiunga un qualche risultato concreto, che si stabilisca una qualche verità definitiva. Li fanno vivere di sole parole, li fanno rimanere a parlare per sempre, per tutto il libro, li fanno stare eternamente sospesi tra quanto voluto e quanto avuto.

Abilissimo è Salinger nel rendere una simile condizione dello spirito attraverso i discorsi dei fratelli protagonisti dei racconti, nel riuscire chiaro, scorrevolenonostante dica di argomenti difficili, nell’avvincere il lettore fin dalle prime pagine muovendolo a voler sapere, a voler capire sempre di più.

Antonio Stanca