di Antonio Stanca –

Al 2016, a quando aveva trentotto anni, risale il romanzo Il passaggio dello scrittore fiorentino Pietro Grossi, che ora ha visto la prima edizione nella “Universale Economica” della casa editrice Feltrinelli di Milano.
Grossi è nato a Firenze nel 1978, vi è rimasto per molti anni e in molte altre città, italiane e straniere, si è poi spostato alla ricerca di un’attività, di un impegno che potesse soddisfare il suo bisogno di raggiungere una propria identificazione. Seguendo tale percorso giungerà alla scrittura, diventerà scrittore di racconti e romanzi a partire dal 2000, da quando aveva ventidue anni, e di quella sua particolare condizione morale, spirituale, di quel suo mai chiarito proposito circa il modo di impegnare il proprio tempo, circa l’attività che pensava gli fosse più congeniale. Di questi farà anche gli aspetti propri di ogni suo personaggio, si tratti di racconto o romanzo.
Riuscirà sempre bene Grossi nelle sue narrazioni, sempre capace si mostrerà di costruire situazioni così particolari ma anche così coinvolgenti da sembrare uno scrittore moderno che non ha rinunciato ai modi, ai toni del passato, a quelli, cioè, che attiravano il lettore, lo legavano fino alla fine perché fino ad allora sospesa facevano rimanere la situazione rappresentata.
Anche ne Il passaggio succede questo e per un tempo più lungo e un luogo più esteso: un padre, Fabio, e un figlio, Carlo, sono su una barca di venti tonnellate e viaggiano nei mari ghiacciati del Nord Europa, devono andare dalla Groenlandia all’Alaska, devono compiere questo “passaggio” molto difficile dal momento che avviene in posti deserti, sconosciuti, tra acque ghiacciate e sempre esposte al pericolo degli iceberg, del loro impatto. Devono consegnare la barca a chi Fabio l’ha venduta.
E’ da molto tempo che padre e figlio non stanno insieme, da anni e da anni il figlio non sta più in mare. Si è sposato, ha due bambini, vive a Londra con la famiglia, si è allontanato e quasi “separato” dal padre col quale non aveva più molto da scambiare. Anche dalla madre e dalla sorella si è allontanato e così ha fatto il padre. Molti erano stati i problemi, i disagi sorti in casa senza che si fossero mai capiti i motivi.
Il padre era stato un uomo di mare, si era immesso in tante avventure, aveva viaggiato moltissimo, era risultato irrobustito, rinvigorito dalle imprese compiute, dai rapporti, dagli scambi avuti in tante parti del mondo ed ora, dopo molto tempo che non vedeva Carlo, lo aveva chiamato per chiedergli di accompagnarlo, di aiutarlo durante il “passaggio” dalla Groenlandia all’Alaska che doveva compiere per consegnare la barca Katrina al nuovo acquirente.
Carlo esita di fronte a questa richiesta, ha molti dubbi, non capisce a cosa sia dovuta ma poi accetta convinto che il padre, divenuto persona matura, voglia recuperare il rapporto col figlio e che ha pensato ad un viaggio fatto insieme come al modo migliore per ottenere tanto.
Con Carlo ci si trova ancora una volta di fronte ad uno di quei giovani di Grossi che, nonostante l’età, nonostante siano diventati mariti e padri, non si sono ancora chiariti i propri programmi e che in una circostanza particolare possono intravedere possibilità inaspettate. Accetterà, quindi, di viaggiare col padre nel Polo Artico e sarà questo viaggio a offrire loro la possibilità di conoscersi meglio, di chiarirsi, di spiegarsi tutto quanto era successo in casa e fuori. Si saprà che Fabio non era l’uomo eccezionale che tutti credevano, il vincitore, l’eroe ma il vinto, la vittima dei propri pensieri e problemi, che dalla moglie non si era mai separato pur non essendosi mai sposati e pur vivendo molto tempo lontani l’uno dall’altra, che la situazione creatasi in casa tra genitori e figli era andata avanti per verità nascoste, segreti taciuti, che la malattia trasmessa dal padre alla madre era diventata un altro di questi misteri. Si dovrà attendere la fine del romanzo perché ci si trovi di fronte a tutto questo, perché si sappia che ancora una volta Grossi ha fatto del “caso” di una famiglia e dei suoi componenti il soggetto di un’opera, che ha voluto immergersi in trame poco chiare e rimanervi nonostante tanto chiaro, tanto lucido risulti il suo linguaggio, tanto sicuro il suo procedimento.

Antonio Stanca