di Antonio Stanca-

L’agente di commercio faceva Paolo Maurensig prima di cominciare a scrivere. I saggi fiori e altri racconti del 1964 sarebbe stata la sua prima opera ma il successo sarebbe giunto dopo, con La variante di Lüneburg del 1993, che ora Adelphi ha ristampato. È il primo romanzo di Maurensig e sarebbe stato seguito da molti altri che ne avrebbero fatto uno dei più conosciuti e apprezzati scrittori italiani.
Maurensig è nato ad Udine nel 1943 e pur non avendo frequentato ambienti o svolto attività di genere propriamente letterario distinto si è, nelle sue opere, per la chiarezza e la sicurezza dell’esposizione, la capacità di costruire vicende e svolgerle in modo così articolato da coinvolgere il lettore. Questo succede pure in La variante di Lüneburg, titolo che allude ad una mossa delle partite a scacchi che avvengono tra i due protagonisti del romanzo. Intorno a questi Maurensig costruirà una lunga vicenda, li farà incontrare quando erano ragazzi e perdersi e ritrovarsi fin quando saranno diventati adulti. Tra l’Austria e la Germania, Vienna e Monaco, si svolgerà la vita dei due e la storia dell’opera. I tempi saranno quelli che dopo la prima guerra mondiale si stanno preparando per la seconda, quelli che vedono quanta rivalità, quanto odio si vada accumulando presso i tedeschi nei riguardi degli ebrei, quanto siano questi offesi, perseguitati da quelli. È la stessa rivalità che si è creata tra i due protagonisti fin dal loro primo incontro. Nemici si sono scoperti perché uno tedesco e l’altro ebreo, perché entrambi campioni nel gioco degli scacchi, entrambi destinati a confrontarsi in continuazione dal momento che aspirano al titolo mondiale. Non ci sarà, però, chi si classificherà per questo perché i tornei saranno interrotti dal sopraggiungere della guerra e delle deportazioni. In un campo di concentramento si ritroveranno dopo molto tempo, nel 1944, l’ebreo prigioniero, il tedesco comandante. Anche qui gli scacchi saranno il loro modo per confrontarsi, per continuare nella vecchia rivalità: la vittoria del tedesco avrebbe significato la morte di alcuni deportati, quella dell’ebreo la loro vita. Vincerà l’ebreo e quegli scacchi, quella variante di Lüneburg, quella mossa imparata da piccolo sarà la sua arma, la sua vittoria, il suo modo per salvare tante vite.

Un valore, un significato morale, religioso finisce con l’attribuire lo scrittore agli scacchi, una funzione spirituale, sacra, divina a chi gioca a scacchi. Chi vince, vince sulla morte, sul male: questo vuole la religione e questo ha voluto Maurensig. Lo ha fatto dire nell’opera prima dal ragazzo Hans che, salito sul treno, da Monaco a Vienna, e sedutosi accanto a quel tedesco che tanto male aveva fatto, gli racconta la sua vita, e poi da Tabori, l’ebreo che aveva rappresentato la vittoria del bene. Due lunghi racconti nei quali si risolverà il romanzo e che tanto riusciti saranno da sembrare veri, naturali, da trasformarsi nello specchio di un’epoca, da contenere tanta idealità, tanta moralità. Come ha fatto a dire di tutto questo Maurensig, a far stare insieme storia e vita, realtà e idea, visibile e invisibile, azione e pensiero, concreto e astratto, come ha fatto a mostrare tanto buio e tanta luce senza mai cedere, nella sua scrittura, ad un’imperfezione, ad un’esitazione, ad un’incertezza?

Antonio Stanca