Luca Ricci e l’altro della vita
di Antonio Stanca
Quando esordì, nel 2000, aveva ventisei anni e pubblicò “Duepigrecoerre d’amore”, una raccolta di racconti molto brevi incentrati su problemi d’amore, di coppia, di sesso tra un Lui e una Lei unici protagonisti. Avrebbe continuato a scrivere racconti e romanzi, per la scrittura avrebbe abbandonato l’attività teatrale e sempre sarebbero ricorsi nella sua narrativa i temi del rapporto tra l’uomo e la donna, dell’unione, della separazione che può avvenire, della famiglia, dei figli che possono derivare, dei tanti problemi che possono insorgere.
Molto ha scritto e sempre giudizi positivi oltre che premiazioni ha ottenuto Luca Ricci che quest’anno ha da poco pubblicato il lungo racconto “Trascurate Milano” presso La nave di Teseo Editore, Milano.
Ricci è nato a Pisa nel 1974. Su molti giornali è presente con i suoi racconti. Di questi ha organizzato letture sceniche in molte città d’Italia. Insegna scrittura creativa presso la Scuola Holden, la Scuola del Libro e la Belleville. Uno dei migliori giovani scrittori italiani è unanimamente ritenuto dalla critica per i contenuti delle sue opere sempre impegnati ad indagare nella vita interiore di quelle persone comuni, nei segreti di quella quotidianità che per tanto tempo sono rimasti sconosciuti.
Anche per la forma Ricci è apprezzato perché semplice, scorrevole è il suo linguaggio, con facilità dice di problemi complicati, con facilità coinvolge il lettore.
In “Trascurate Milano” sono di nuovo persone comuni, è di nuovo la vita quotidiana quella che lo scrittore rappresenta e come altre volte si mette alla ricerca di quanto di oscuro in essa si nasconde.
Durante l’inverno di una Milano che fa da sfondo appena visibile tanto più importanti sono i pensieri, le azioni di chi viene rappresentato, un uomo e una donna, entrambi sposati e con figli, vivono da tempo una relazione e sono contenti di averla iniziata e di continuarla perché procura loro non solo il piacere dell’amore, del sesso ma anche quello di sentirsi liberi dalla famiglia, dalla prigione che per i due è diventata. Frequenti sono i loro incontri e molto tempo trovano per essi. Lui, però, non smette di guardarsi intorno, non riesce a farla finita con una sua tendenza, un suo vizio. Quello di sfiorare, sentire, toccare come di sfuggita, involontariamente qualcuna delle tante donne che insieme a lui fanno ressa all’entrata o all’uscita della metropolitana che lo porta al lavoro. Sarà così che s’imbatterà in una ragazza che ai suoi contatti non si sottrae. E’ una studentessa, è fidanzata e, tuttavia, accetta d’iniziare un rapporto, anche se solo d’incontri e discorsi, con “l’uomo della metropolitana”. Come lui anche lei ha qualche bisogno, qualche vizio da soddisfare. Di questa condizione, di questo stato dell’anima Ricci vuole essere il portavoce, osservare, mostrare vuole come possano nascere, formarsi, manifestarsi certi bisogni, certe insoddisfazioni, come quello dei rapporti coniugali difficili, della sessualità adultera, dell’oscenità, e di altre perversioni, sia il terreno a loro più idoneo. Sono le situazioni nelle quali i freni tengono di meno perché ci si sente meno esposti alla vista, al giudizio e lì è andato ad indagare il Ricci, in quelle case, tra quelle strade, tra quelle persone che nessuno sospettava. Ne ha ricavato una serie di testimonianze, di prove, ha scoperto altri aspetti della vita, altre verità e non le ha condannate, escluse ma accolte, ha riconosciuto loro il diritto di esistere, degne di una spiegazione le ha rese. Altro ha aggiunto Ricci alla vita, vi ha fatto rientrare le parti diverse e tutte le ha fatte provenire dall’uomo, dalle sue ragioni chiare od oscure.
Antonio Stanca
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