di Antonio Stanca –

Col romanzo Nessuno sa di noi, comparso quest’anno nella prima edizione della collana “Le chiocciole” della casa editrice Giunti di Firenze, Simona Sparaco ha vinto il Premio Roma ed è stata finalista al Premio Strega. L’opera risale al 2013 ed è tra le prime della scrittrice. Molto successo le ha procurato, molte traduzioni ha avuto: è diventata la sua opera più nota.
La Sparaco è nata a Roma nel 1978. Dopo essersi laureata in Scienze della Comunicazione ha frequentato la Facoltà di Lettere e presso la Scuola Holden di Torino ha studiato scrittura creativa. Nel 2008 ha esordito nella narrativa ed ha poi continuato unendo alla sua attività di scrittrice quella di sceneggiatrice.
I temi che ricorrono nelle sue narrazioni rientrano nell’attualità, nella realtà individuale, sociale dei nostri tempi, in quanto accade oggi nei rapporti, negli scambi tra persone, tra gruppi, tra ambienti, nella vita delle famiglie, nei problemi di queste siano di ordine materiale o morale. Nuove situazioni, nuove regole, nuove questioni, nuove domande sono state apportate dalla modernità, altri quesiti si sono presentati e in questo difficile, complicato universo si addentra la scrittura della Sparaco, tra questi ostacoli si muove alla ricerca di quella luce che a volte diventa impossibile.

Così avviene pure in Nessuno sa di noi, dove intenta si mostraa diredell’infinita serie di domande, paure, dubbi, sospetti, inquietudini, amarezze, dolori, della sterminata successione di situazioni, condizioni, rivelazioni che una coppia di giovani sposi è chiamata a vivere, a patire da quando sapranno che il bambino, del quale lei è incinta da sette mesi, è gravemente malato, che il suo torace è affetto da una grave forma di malattia ossea, che non cresce come le altre parti del corpo e che se lo farà sopravvivere alla nascita non gli permetterà una vita senza sofferenze e senza dolori.
Comincerà dal momento di questa scoperta il dramma di Luce e Pietro, il loro tormento: saranno tantissimi gli accertamenti, gli esami che compiranno, tante le consultazioni le faranno, le speranze che nutriranno in una soluzione del loro problema ma sempre si ritroverannosospesi nel vuoto, mai nessuno di quanti, medici o esami, conosceranno farà loro pensare ad un qualche esito positivo della situazione. Questo li porterà a compiere l’aborto terapeutico, a procurare, cioè, la morte al piccolo feto prima che nasca. Lo faranno anche per evitargli i pericoli di una nascita e di una vita insicure.

Ma questa che sarebbe dovuta essere la fine della loro pena si rivelerà una sua continuazione. Luce e Pietro non cesseranno di soffrire. Ora si chiedono se hanno sbagliato a far morire il loro piccolo, se sarebbe potuto nascere e vivere normalmente a dispetto di ogni diagnosi medica o esame clinico. Si creerà una situazione che guasterà il loro rapporto poiché ognuno attribuirà all’altro le responsabilità di quanto accaduto. In tal modo si arriverà alla fine del romanzo e abilissima sarà la scrittrice a cogliere i più remoti stati d’animo dei due protagonisti, i loro pensieri più segreti, tutto quanto avviene nella loro anima e nel loro corpo. Con facilità, con chiarezza il suo linguaggio farà luce dove c’è tanto buio, farà vedere come si possa finire negli abissi, nei labirinti del pensiero, come si rischi di perdersi per sempre e pur quando c’è stato tanto amore. Sarà questo amore, però, a far ritrovare Luce e Pietro, a riportarli insieme, sarà l’amore a far riscoprire loro come la vita possa continuare anche dopo la morte, come di vita ci sia tanta altra da percorrere.
Una funzione di carattere pedagogico svolge pure l’opera della Sparaco, un valore d’insegnamento assume e non solo alla fine ma nell’intero suo corso ché sempre, pur nei momenti più difficili, fa intravedere quanto è meglio pensare, fare.
Sopra gli eventi che si complicano, che si aggravano rimane la scrittrice, loro arbitro, loro giudice diventa e sempre al bene pensa anche se lontano, impossibile rimane. Ma non tanto da non poter ricomparire alla fine quando sembrava sommerso dalle tante vicissitudini che si erano susseguite.

Un aspetto si può cogliere anche di quel nuovo umanesimo del quale ormai tanto si parla e che dall’uomo, dai suoi pensieri, dalle sue azioni ci si attende di vederlo nascere e crescere.

Antonio Stanca