di Marcello Buttazzo –

Le evenienze dell’esistenza mi hanno fatto comprendere pienamente l’importanza della vita di relazione. L’incontro con il proprio sé e con l’altro da sé. Eppure, nell’estate del 2007, decisi di donarmi un po’ di tempo per la meditazione. Passai, di fatto, i mesi di luglio e agosto 2007 rinchiuso in casa. Non che amassi particolarmente la mansione solipsistica dell’esistente, ma stare chiuso fra le quattro mura per un po’ di tempo mi portò a ripiegarmi su me stesso, scandagliando la mia interiorità, le paure, le zone d’ombra. In quei due mesi estivi, dedicavo la mattina alla lettura dei quotidiani e dei vari poeti. Ogni pomeriggio o ogni sera, di là delle letture, scrivevo una piccola poesia. In un mese e mezzo nacquero 39 poesie. Che poi vennero raccolte in un libretto dal titolo “Di rosso tormento”, pubblicato da Calcangeli Edizioni (novembre 2008). Versi essenzialmente estivi, con il riverbero del mare negli occhi, redatti in solitudine. Pensati d’estate. È l’estate il momento della riflessione intensa, spesa su chine di abbandono, di consapevolezza. D’estate il sole gialleggia su di noi, come ambra incidente. Amo l’estate, le sue albe di gesso, gli orizzonti sbrecciati, i ricordi taciuti. Amo l’estate, le parole sospese, i pensieri quietati, il sole. Il sole, ragazzo impertinente, dio di fuoco. Amo le mine vaganti nell’anima, la lacerazione addolcita, ricucita. D’estate la incontrai un giorno, avevo per lei un madrigale di interminate parole. La vidi d’estate, avrei voluto parlarle di me. M’accontentai più saggiamente del suo sguardo di cielo, che sapeva scardinare le porte dell’infinito. In estate, tornano i giardini arsi dal sole e il sole a picco sul meriggio. In quei mesi di luglio e agosto, immaginavo sulle spume dorate giovani donne, che spandevano semi di grano e boccioli d’incanto. E poi quei fanciulli che s’affrettavano a disfare castelli di sabbia, giocando con le loro improponibili chimere. Fra le creste delle onde mattutine sognavo cavallucci marini, pesciolini argentati, e amori di ritorno. A luglio, alba fremente, tramonto rossiccio, fra canneti di rabbia. Luglio, trasognata fanciulla, vestita di colori, vertigine di sogno. In quel tempo, in piazza, l’albero del pepe perennemente curvato, l’orologio municipale che rintoccava sempre la stessa ora. A luglio, vento di ponente col suo sciame di amori inconsistenti, col suo cantuccio segreto di piccoli tormenti. Si sta rinchiusi fra le quattro mura, ma si agogna di uscire fuori, all’aria aperta. Uscire fra canneti di fiaba a bere sorsi di vita, per trovare albe danzanti e cavalli di seta a galoppo su dune dorate. E cieli e cieli di svanito rossore, arenili di parole, solstizi di pensieri. Quante volte sperai di ritrovarti fra magie e gnomi marini conchiglia biancastra, lontana eco della mia memoria. Si sta fra le quattro mura a vezzeggiare la notte. La notte, rifugio di anime irrequiete, gemma cobalto, melodia di stelle. Di notte, lei ordiva inganni e si trastullava con giochi da niente, coi i suoi artifici di piccola pazza d’amore. I galli di luglio cantavano le tristi nenie del disinganno. Lei era la risacca del mare, un faro di bianca illusione, la fresca tramontana nell’estate irrespirabile. Era lei un sentiero di luna da leccare con lingua di fuoco. Dalla raccolta di poesie “Di rosso tormento” (Calcalageli Edizioni) vi propongo i seguenti versi:

1)
All’alba
tesserò
cestini di nubi
per perduti amori.
La vita,
treno lento
su rotaie di fuoco,
pesce rosso
in un mare tempestoso.
Scampanio
di mille campanelle
di cristallo
all’alba.
Amerò
odalische
con mantiglie di cromo.

2)
Arpeggiare
la lira d’oro
e frugare
nei giardini della memoria.
Ti ritroverò
uccello migratore
profumo di donna
splendore di primavera.
Scioglierò
le tue trecce di spighe
e dei tuoi lunghi capelli
farò arabeschi di seta.
Bacerò
la tua bocca di mandorla
e rossi giacinti
strapperò alle tue guance fiorite.
Mi perderò
in un frastagliato cielo
di nuvole rosa,
in una mareggiata di spume
e d’accese pupille.

Marcello Buttazzo