di Antonio Stanca –

Allegato al Corriere della Sera, su licenza Rizzoli Libri, è uscito ultimamente La lezione di Nelson Mandela del giornalista americano Richard Stengel. È un’opera piuttosto ampia dove l’autore oltre a ripercorrere i periodi vissuti a contatto con Mandela quale inviato dal suo giornale o collaboratore in alcuni lavori, si sofferma a lungo sulla figura dell’eminente personaggio sudafricano, sugli aspetti del suo carattere, gli eventi della sua vita, i suoi pensieri, le sue azioni, su quanto ha fatto parte della sua storia pubblica e privata.

Stengel è nato a New York nel 1955, ha sessantanove anni, è stato sottosegretario di Stato col presidente Obama, ha pubblicato parecchie opere di genere storico-biografico ed ha diretto il settimanale “Time”. Ha collaborato con Mandela per la sua biografia e per il documentario Mandela del 1996. Altre volte è stato con lui durante la sua lunga vita, lo ha seguito, accompagnato in particolari circostanze, in viaggio, è stato incaricato di intervistarlo, gli è stato vicino, ha visto, ha saputo tanto di lui, gli è diventato amico al punto da pensare, quattro anni prima che morisse, di scrivere questo libro e mostrare per intero la sua vita. È riuscito abbastanza bene, chiaro, scorrevole è risultato il discorso nonostante fossero tante le cose da dire. La vita di Mandela è andata dal 1918 al 2013, ha attraversato tutto il secolo scorso, ha risentito di un tempo segnato da tantissimi avvenimenti. Insieme ai grandi successi della scienza, della tecnica, alle loro applicazioni, al progresso che ne è conseguito, a storiche conquiste politiche, civili, sociali in tante parti del mondo, ci sono stati eventi gravissimi quali le guerre mondiali, altre lotte armate, persecuzioni razziali, sanguinose rivolte. Un’umanità che mentre progrediva si scontrava, mentre si rinnovava continuava ad odiarsi, a vendicarsi, era stata quella del Novecento. E in Sudafrica erano giunti i riflessi di quanto avveniva altrove giacché anche in Sudafrica erano presenti quelle potenze coloniali che combattevano le guerre mondiali, anche lì erano divise e si scontravano.

In quel Sudafrica, nel piccolo remoto villaggio di Mvezo era nato Nelson Mandela nel 1918 quando era ancora diffuso uno stato di grave arretratezza, di povertà, d’ingiustizia, di mancata libertà. Fin da bambino aveva sofferto questa situazione ed era cresciuto, aveva studiato, si era formato al pensiero di combattere il regime esistente, cambiare il sistema politico, impegnarsi per il raggiungimento di una nazione libera, democratica. Un’aspirazione che lo aveva portato a far parte fin da giovane di partiti politici come l’ANC, a collaborare per la fondazione dell’UmKhonto, un gruppo armato che svolgeva azioni di guerriglia perché il governo, in mano a pochi bianchi razzisti, conservatori e decisi sostenitori dell’apartheid, accogliesse qualche richiesta proveniente dal popolo e dalle sue misere condizioni. Considerata sovversiva l’attività sua e di altri contestatori, suoi compagni di lotta, Mandela sarà mandato in carcere insieme a quelli nel 1964 e vi rimarrà per ventisette anni. Farà lavori forzati ma s’impegnerà pure a leggere, studiare, continuare gli studi di Giurisprudenza che aveva iniziato in precedenza.

Aveva più di settantanni quando uscì dal carcere nel 1991 ed era ancora convinto che il Sudafrica aveva bisogno di un governo che assicurasse la libertà, la giustizia, l’uguaglianza ai suoi cittadini, che non distinguesse in base alle origini, all’economia, alla religione, al colore della pelle. Riprenderà, quindi, insieme a tanti altri che lo seguiranno, quell’azione di protesta, quella lotta che aveva iniziato prima di essere arrestato, coordinerà i suoi movimenti con quelli di altri rivoltosi e stavolta i risultati verranno: nel 1991 sarà eletto Presidente dell’ANC e nel 1994 Presidente della Repubblica Sudafricana. Nel 1993 gli era stato assegnato il Premio Nobel per la pace e in precedenza aveva ricevuto altri premi. Era diventato una celebrità e da Presidente della Repubblica attuerà quelle condizioni di libertà e democrazia che sempre aveva perseguito, curerà i rapporti con molti altri stati, inserirà il Sudafrica in un contesto internazionale. Diventerà un personaggio d’eccezione, ovunque conosciuto e ammirato per essere riuscito nei suoi propositi pur essendo partito da lontano, da sconosciuto, pur avendo subito una pena così prolungata e lottato contro ostacoli di ogni genere, avversari tra i più accaniti. Un Sudafrica nuovo, moderno consegnava Mandela alla storia, un paese liberato da secoli di arretratezza, sfruttamento, separazioni, lotte. A lui stesso sembrava incredibile ma ce l’aveva fatta, ci era riuscito. Un grande della storia era diventato e come altri grandi si ritirerà dalla scena pubblica e il suo rimarrà un esempio tra i migliori di quanto possa essere raggiunto tramite l’impegno assiduo, il sacrificio volontario, la convinzione mai smessa, la forza d’animo, il coraggio. Di tutto Mandela lo Stengel dice nel libro, del Mandela pubblico e di quello privato, di tutte le sue qualità, da ognuna trae una lezione: mostra come le si possa acquisire e praticare.

In una serie di lezioni si trasforma l’opera, in un maestro di vita Mandela!

Antonio Stanca