di Antonio Stanca –

Dave Eggers è nato a Boston nel 1970 e nel 2000, a trent’anni, ha cominciato a scrivere. Sua opera d’esordio e di grande successo anche all’estero è stato il romanzo Opera struggente di un formidabile genio. Sarebbero venuti altri romanzi insieme a racconti e saggi. Eggers si sarebbe applicato anche nel campo dell’editoria, della scrittura creativa. Di questa avrebbe fondato scuole per giovani disagiati, ai quali avrebbe permesso, tramite altre iniziative, l’accesso all’università. Vive con la famiglia nel Nord della California.

Nel pubblico, nel sociale si è pure mostrato impegnato, compiti utili alla collettività si è assunto, contro i problemi, i pericoli del mondo ha lottato e così in tante sue opere che sembrano delle favole. Come le favole dicono dello scontro, del confronto tra bene e male, tra buoni e cattivi, delle difficoltà, degli ostacoli che si frappongono al bene e alla sua vittoria finale. Questo succede anche in Il Capitano e la Gloria, romanzo del 2020, che nello stesso anno è stato pubblicato in Italia da Feltrinelli nella serie “Narratori”. La traduzione è di Vincenzo Mantovani, le illustrazioni di Nathaniel Russell. Sono tante da far assomigliare l’opera ad un fumetto. Un genere che, come quello della favola, si ripromette di riuscire utile, fare del bene, farlo vedere, mostrare come risulti sempre vincitore. Raffigurano, le illustrazioni, la lotta che nel romanzo si svolge, dall’inizio alla fine, tra le persone cattive, in questo caso il Capitano dell’immensa nave Glory, due comandanti di altre navi e l’anonima moltitudine di passeggeri e malcapitati che da essi vengono in continuazione offesi, insultati, respinti, condannati e fatti morire in maniera crudele. I due erano a capo di navi pirata mentre l’altro era il Capitano di una nave passeggeri ma non c’era differenza tra i loro comportamenti, tutti infierivano sul prossimo, erano a caccia di vittime, trovavano piacere nel far male, torturare, uccidere. Era la loro maniera, un loro bisogno ed Eggers molto si sofferma a descrivere la violenza, la furia che quei capi usavano verso persone che non erano nemmeno loro sudditi e che si erano trovate a loro vicine, erano venute a contatto con loro. Di queste compivano vere e proprie carneficine.

Si arriverà, però, alla crisi di tanta ferocia, di tanto orrore, si vedrà risorgere dalle ceneri il bene perduto, si ristabilirà l’ordine. L’azione vittoriosa di alcune persone buone si estenderà, coinvolgerà altre persone, troverà sostegni lontani, in quei libri, in quelle letture che erano state abbandonate e che ora venivano riprese. Alla letteratura affida Eggers, alla fine del romanzo, il compito di riportare il bene in una vita devastata dal male, ai libri, alla loro conoscenza, la funzione di ridestare, alimentare quello spirito, quegli ideali che provenivano dal passato più remoto e che non potevano svanire completamente.

Il romanzo è una prova del valore immortale, eterno della letteratura, della cultura, è un’allegoria, una metafora: significa che quella volontà di bene e quella forza d’animo, che la letteratura ha formato e continuato nei secoli, possono entrare in crisi ma il loro recupero può salvare.