di Marcello Buttazzo –

Nei giorni scorsi, a Torino e a Mondovì, sono comparse scritte antisemite. Al razzismo, all’odio, al differenzialismo, la società civile matura e consapevole si deve contrapporre con la cultura della ragionevolezza, del buon senso. Alla rabbia distruttiva e alle diffuse e implacate zone d’ombra di certuni, non ci si deve frapporre solo con il nero livore, ma anche con gesti assennati, misurati. Pertanto, profonda stima e rispetto per don Ruggero Marini, parroco della chiesa di San Giacomo di La Loggia nella pianura sud di Torino, che ha messo alla porta d’ingresso della sua chiesa un cartello con la scritta evocativa e inequivocabile: “Juden Hier. Qui abita un ebreo, Gesù”. Un atteggiamento avveduto, lucido e forte, quello del sacerdote, che evidenzia un fatto irrefutabile. E che pare sia stato molto apprezzato dalla comunità del posto, che si ferma, legge, discute, commenta, riflette. In un’era in cui imperversano cartelli discutibili, in cui scritte offensive di varia natura mortificano luoghi sacri anche laicamente, fare chiarezza su un evento incontrovertibile della storia è, tra le altre cose, un segno di bellezza umana e d’amore. Don Ruggero è stato preciso: “Dire che la chiesa è la casa di Gesù ebreo significa trasformare il dolore in evento sacramentale. Ed è dire la verità, che forse oggi molti, troppi si dimenticano”. Il dolore vissuto da tante donne, uomini, bambini, è una ferita aperta, che sanguina sempre, e che può essere solo ricucita pazientemente con ago d’amore e con la conoscenza. 

Marcello Buttazzo