di Marcello Buttazzo –

Per il mondo laico e per l’universo cattolico, la grande questione antropologica dell’embrione rimane un fatto sospeso, aperto, intricato.
Da un punto di vista ontologico e filosofico, le diverse e controverse concezioni sono pienamente legittime, rispettabili, degne di cittadinanza. Per i cattolici, l’embrione, fin dalla fusione anfimittica di cellula uovo e spermatozoo, cioè fin dalla formazione dello zigote, è un essere vivente, palpitante, depositario di diritti. I più intransigenti fra i cattolici, ritengono che lo zigote sia già un “piccolo fanciullo”, intoccabile, intangibile, al quale andrebbero estesi diritti giuridici. Si comprende chiaramente quanto questa sia una visione limite, che sconquassa e mette a ferro e fuoco tutta la cultura laica. Da più parti, in questi anni, s’è sostenuta la necessità vitale di addivenire ad una bioetica quantomeno parzialmente condivisa. Pertanto, ritengo che sia esasperante e fondamentalistica la pretesa dei vescovi americani, che hanno esortato il governo Trump a non far sviluppare dagli scienziati un vaccino per il coronavirus, che utilizzi cellule embrionali provenienti dagli aborti. In un paese laico e liberale, bisogna essere anche realisti. In America, fra le dozzine di vaccini in fase di sviluppo, alcuni vengono prodotti utilizzando linee cellulari create dalle cellule di bambini abortiti. Sappiamo anche che i cattolici, da sempre, sono contrari all’impiego per la ricerca scientifica perfino di cellule staminali embrionali sovrannumerarie, comunque destinate a finire nelle spazzature, nei water dei laboratori, o a morire in un limbo di azoto liquido. Queste chiusure non giovano alla scienza, non servono a creare ponti, non aiutano la società a crescere. 
Marcello Buttazzo