di Marcello Buttazzo –

Il Congresso di Madrid ha approvato in via definitiva la legge che regolamenta l’eutanasia, rendendola possibile e gratuita all’interno del sistema sanitario pubblico. Potrà ricorrervi chi “soffra d’una malattia grave e incurabile o d’una condizione nella quale dolori cronici provochino una situazione di incapacità”. La legge tutela l’obiezione di coscienza dei sanitari e, se la Corte Costituzionale respingerà i ricorsi di Vox (partito dell’estrema destra), entrerà in vigore a metà giugno. In Spagna, la legge è stata promossa dai socialisti, che sono gli stessi che hanno inciso significativamente sulla legalizzazione del divorzio, dell’aborto, della fecondazione eterologa, del cambio di sesso e delle nozze gay. Suscita un malcelato sconcerto osservare che fra i difensori arcigni della “sacralità” della vita umana ci siano i paladini dell’estrema destra di Vox. Secondo un’inchiesta di Ipsos, l’85% degli spagnoli è favorevole al ricorso alla “dolce morte”. In Italia, dopo un movimento d’azione e di opinione dell’Associazione radicale “Luca Coscioni”, la Corte Costituzionale, da tempo ormai, ha invitato il Parlamento a legiferare. Ma i nostri politici, si sa, sono silenti. E quando si mossero dialetticamente e istituzionalmente, nel 2009, nel periodo del triste caso di Eluana Englaro, proferirono una serie madornale di inesattezze e di evocazioni rozze e raccapriccianti. In Spagna, il premier Pedro Sanchez ha twittato: “Oggi siamo un Paese più umano, giusto e libero”. La questione dell’eutanasia rappresenta una delle questioni paradigmatiche, intricate e cruciali fra le tematiche eticamente sensibili. Lo scontro ontologico fra cattolici e laici è inevitabile. La cosiddetta “sacralità” della vita umana, sempre inviolabile e intangibile, non può collimare con il concetto di “qualità” dell’esistenza umana, talvolta disponibile. Sono argomenti enormi d’una portata epocale, che interrogano a fondo le coscienze e scuotono castelli filosofici. Da laico mi interrogo: La vita è sempre sacra e inviolabile? Mi domando: Chi abbia contratto una malattia devastante e perentoria, umanamente insostenibile, può essere legittimato a chiedere la “dolce morte”? Forse, le normative aperte e morbide d’uno Stato laico e liberale servono per garantire a tutti ampi gradi di libertà. Da laico, tuttavia, comprendo pianamente l’accorata delusione dell’arcivescovo Vincenzo Paglia, che parla d’”una resa alla morte”. Il pensiero cattolico è da seguire, perché pone l’attenzione e l’accento sul prendersi cura della sofferenza psichica e fisica delle persone, sulla necessità di diffondere capillarmente le cure palliative, sul rinsaldare l’amore e l’amicizia. Ci si lacererà perennemente sui grandi temi della bioetica, nella consapevolezza che pervenire ad un comune terreno e cimento di condivisione sia molto difficile. Epperò, concetti come la libertà di scelta e l’autodeterminazione non possono essere mai calpestati, nella convinzione che una normativa eticamente sensibile ampiamente liberale rispetti tutti i cittadini.

Marcello Buttazzo