di  Marcello Buttazzo – Sono passati venti anni dalla dipartita di Lucio Battisti. E ci ritorna in mente. Insistentemente. Il cantautore di Poggio Bustone è stato un rivoluzionario del cantar leggero, un antesignano di stili e musiche d’avanguardia. Un uomo schivo, riservato, che a un certo punto della sua mirabile e inarrivabile carriera ha preferito ritirarsi in un silenzio controllato.

La vulgata comune rammenta, soprattutto, le bellissime canzoni scritte con Mogol. E, del resto, ancora oggi, le radio che trasmettono musica italiana fanno passare continuamente brani come “Emozioni”, “Il mio canto libero”, “E penso a te”, “Il nostro caro angelo”, “Una giornata uggiosa”. Peccato che gli esperti selezionatori di radio ignorino quasi totalmente la produzione del “secondo Battisti”.

A partire dal 1986, Lucio scrisse i suoi pezzi memorabili con i testi eleganti ed ermetici del poeta romano Pasquale Panella. Nacquero, dal 1986 al 1994, cinque Lp, capolavori assoluti: “Don Giovanni”, “L’apparenza”, “La sposa occidentale”, “Cosa succederà alla ragazza”, “Hegel”. Ricordo, in quegli anni, che li critico musicale Mario Luzzatto Fegiz dalle colonne de “Il Corriere della Sera” stroncava inappellabilmente la svolta panelliana di Battisti, “basata su nonsense verbali” (secondo lui). In questi giorni, con piacere, leggo, invece, sul giornale di via Solferino, che Luzzatto Fegiz rivaluta ampiamente le canzoni del duo Battisti-Panella. Meno male che gli intellettuali d’un certo riguardo sanno ricredersi.

Marcello Buttazzo