di Marcello Buttazzo – La strada accidentata dei diritti civili è lastricata, talvolta, di buone intenzioni, ma da deteriori risultanze. Il Parlamento italiano, in questi anni, è stato latitante, non ha saputo decidere su enormi questioni di eccezionale portata. Ad esempio, non si è riusciti, per pavidità, nette contrapposizioni ideologiche, calcoli politici di piccolo cabotaggio, a formulare una giusta legge contro l’omofobia e contro la transfobia. Eppure, proteggere rigorosamente la comunità Lgtb dalle discriminazioni e dalle violenze psicologiche e fisiche, come avviene in tanti altri paesi d’Europa e del mondo, è una necessità ineludibile. Certo, l’iter normativo è molto delicato, frastagliato, perché le controversie ideali e sostanziali si giocano su terreni estremamente friabili. Il legislatore deve stare molto attento a tutelare la possibilità d’espressione e a non introdurre forme di repressione della libertà del pensiero e di religione. Le alte gerarchie cattoliche, i sacerdoti, i politici, i cittadini dovrebbero sempre poter esprimere liberamente opinioni, poter professare e seguire la loro dottrina senza incorrere in sanzioni particolari, dovrebbero poter diffondere anche le linee guida della cosiddetta “legge naturale”, proponendo al prossimo i fondamenti d’un siffatto insegnamento. E così alle altre agenzie (sindacali, sanitarie, di istituzione) non dovrebbe essere esteso alcun rigorismo di carattere morale, con la pretesa di trasformarlo addirittura in condanna penale. Purtuttavia, dal momento che ci si muove in un campo minato, è necessario più che mai essere accorti. Per non ferire, per non scavare solchi, per non perpetrare incomprensioni. Si deve risalire fino alle origini, lambendo le radici: la questione odiosa della discriminazione non si risolve solo per via securitaria, ma è propedeutica essenzialmente una mansione educativa. Ogni famiglia deve saper diffondere virgulti d’amore. E la scuola, talvolta terreno di coltura d’un rarissimo seppur fastidioso bullismo, deve continuare sempre a fare con passione formazione plurale, implementando il rispetto reciproco, facendo veicolare la cultura dell’alterità e dei nuovi diritti. In una società aperta e fluida, i più giovani sono i diretti fruitori di certi messaggi umani e razionali: chi meglio di loro può comprendere la praticabilità di alcuni principi? Chi meglio dei nostri ragazzi può aprirsi all’ampio ventaglio delle diverse forme di famiglia? Chi meglio di loro può censurare la ferinità e l’insensatezza di certe ghettizzazioni? Chi meglio dei nostri adolescenti può capire che ogni appartenenza di genere è giacimento prezioso e merita rispetto incondizionato?

Marcello Buttazzo, 19 ottobre 2017