di Marcello Buttazzo –

Nella veglia pasquale e nell’omelia di Pasqua, Bergoglio è stato protagonista d’una severa meditazione: “Mettiamo a tacere le grida di morte, basta guerre! Si fermino la produzione e il commercio di armi, perché di pane non di fucili abbiamo bisogno. Cessino gli aborti, che uccidono la vita innocente”. Che il Santo Padre esprima, tra le altre cose, peraltro con parole taglienti come scure, la sua recisa condanna all’aborto è perfettamente comprensibile. Però dispiace che c’è chi interpreta la difesa della vita nascente con connotazioni prettamente ideologiche. Marina Casini Bandini, presidente del Movimento per la Vita italiano, fa il suo appello confessionale contro l’interruzione volontaria di gravidanza, arrivando a scrivere parole orripilanti: “L’aborto deve scomparire non solo fisicamente ma anche nella mente di chi uccide o si fa promotore dell’uccisione. I “fucili” sono i ferri chirurgici, i prodotti chimici sono i “pesticidi” che distruggono i figli nel grembo della mamma”. E Marina Casini Bandini va oltre nelle sue esasperazioni, arrivando ad asserire che il “fucile” sia prima di tutto la cultura che rifiuta lo sguardo sul figlio concepito. Con questa filosofia di condanna apodittica, senza scampo, non si arriverà mai ad edificare alcun rudimento d’una bioetica quantomeno parzialmente condivisa fra cattolici e laici. Del resto, anche san Giovanni Paolo II aveva definito l’aborto “una guerra dei potenti contro i deboli”. Lo stesso Papa Giovanni Paolo II che di fatto, “scomunico” le popolazioni africane che facevano uso del profilattico, in tempi di diffusione massiccia dell’Hiv. Maria Casini Bandini non interrompe per un attimo il suo furore estremo, la sua snervante campagna concettuale. Forse, da cittadina, dovrebbe avere più rispetto dei farmacisti e dei medici, che compiono il loro dovere e rispondono ad un’etica della cittadinanza, in ottemperanza ad un’ottima Legge, la 194, dello Stato liberale. La presidente del Movimento per la Vita italiano è più papista del papa. Infatti la dottoressa Casini Bandini scrive: “Nella questione della vita nascente è infatti inscritta la questione di tutta la vita”. Da laico, ritengo che la vita sia un discorso più ampio, più complesso, di più largo respiro. Parimenti, possiamo notare come la presidente del Movimento per la Vita italiano stia ripercorrendo le stesse posizioni del suo predecessore, il padre magistrato Carlo Casini. Il quale sosteneva addirittura che lo zigote, cioè la cellula appena fecondata, fin dai primordi, fin dall’atto anfimittico, avesse diritti giuridici da rivendicare. Carlo Casini, tra l’altro europarlamentare, portò avanti petizioni sulla difesa oltranzistica del “piccolo bambino” (la cellula appena fecondata) presso il Parlamento europeo. Che, fortunatamente, naufragarono nel nulla, nell’inconsistenza.

Marcello Buttazzo