Il “sovranismo linguistico” contagia Fassina
di Marcello Buttazzo –
L’intenzione oltranzistica del vicepresidente della Camera Fabio Rampelli sulla tutela della lingua italiana trova sostegno anche in alcuni spiriti illuminati di sinistra. L’ex deputato democratico e poi di Sinistra italiana (ora leader del cosiddetto Coordinamento 2050) Stefano Fassina così ha linkato in un suo tweet: “La Pdl per tutelare la lingua italiana pone una questione seria e decisiva per l’identità nazionale. Va migliorata e sostenuta, non ridicolizzata”. Certo, la lingua italiana va incoraggiata, in qualche modo, e protetta dall’abnorme uso di anglicismi. Come? Magari facendo studiare più massicciamente nelle scuole secondarie i grandi poeti del Novecento letterario. E se qualche politico, invece di pontificare sui social, indugiasse magari compiutamente nella lettura dei poeti e degli scrittori del Novecento, renderebbe anche un favore alla realizzazione del tanto sbandierato bene comune. Al posto di Fassina, non confonderei grossolanamente l’identità linguistica e culturale con quella nazionale. La retorica destrorsa si ciba smodatamente della dizione “identità nazionale”. Sarebbe il caso che uno come Fassina lasciasse questo stonato leitmotiv alla stantia retorica di certuni. Nel suo articolo il leader del cosiddetto Coordinamento 2050, per avallare le sue idee, cita a sproposito il nome di famose personalità che hanno denunciato l’eccessivo ricorso agli anglicismi (Augias, Camilleri, Stella, Mario Draghi). Dubito fortemente che Augias, Camilleri, Stella potessero mischiare la valorizzazione della lingua italiana con il fantomatico “sovranismo linguistico”. L’ardito Rampelli vorrebbe perfino introdurre multe di migliaia e migliaia di euro a chi non sa coltivare la purezza linguistica italica e s’esprime in inglese. Se è una proposta seria questa, caro Fassina? Senza dimenticare che la pretesa di voler introdurre coercitivamente, per legge, un principio di “sovranismo linguistico”, si può configurare come una sorta di determinismo da Stato etico, di cui non abbiamo alcun bisogno.
Marcello Buttazzo
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