di Paolo Vincenti – È stata l’estate degli stupri e degli incendi.  Che cosa agita la mente degli stupratori e che cosa quella dei piromani è materia per esperti del settore. Gli psichiatri indagano la mente dei disadattati, dei disagiati, neurolabili, ossessi, le forze dell’ordine intervengono prontamente sui luoghi dei delitti ma l’azione investigativa non riesce ad essere più stringente per prevenire gli scempi. L’italia brucia, soprattutto al sud, in Sardegna e in Sicilia. Ettari ed ettari di boschi distrutti, il verde che si ritira, i terreni che diventano nere voragini. Quasi tutti gli incendi sono dolosi, opera di piromani seriali, professionisti, e il patrimonio paesaggistico di cui è depositaria la nostra terra viene ridotto, umiliato, barbaramente violentato. I canadair volano sugli incendi, dalla Basilicata all’Umbria, dalla Calabria alla Puglia, troppo vasta l’emergenza, almeno quanto la follia incendiaria di affiliati e sodali delle ecomafie. I droni ci passano sulle teste, le Procure indagano e intanto gli incendi si propagano. Brucia l’Italia, fra urla e disperate invocazioni di aiuto. Brucia l’Italia, fra le risate sardoniche di chi specula sull’abbattimento delle foreste, gli impresari della malavita, i palazzinari mafiosi, ma anche gli stupidi mentecatti, quelli che incendiano senza nessun disegno prestabilito, solo per assecondare la loro nevrosi. Affonda l’Italia nella vergogna, dilaniata dalle grinfie dei piromani e degli stupratori.

È stata l’estate del Fenicottero rosa, tanto di moda.

È stata anche l’estate della malaria, con il caso della povera bambina di Trento morta in ospedale a causa del terribile morbo trasmesso dalla zanzara anofele. È stata una estate caldissima dal punto di vista metereologico, ma calda anche dal punto di vista sociale e politico, con una incontrollata ondata di sbarchi di immigrati sulle nostre coste. Il nostro Paese è letteralmente invaso dagli extracomunitari in fuga dai loro paesi d’origine e i numeri sono quelli di un esodo biblico, un fenomeno epocale, di fronte al quale  il governo italiano e tutti i governi europei arrancano. Le fughe di massa dai pesi della fame e della guerra hanno determinato un incremento criminale, una escalation di disordini e tensioni perché a volte gli immigrati vanno ad ingrossare le file della malavita locale che già prospera. E qui sta il punto. Non tutti gli immigrati scappano dalla guerra e dalla fame, si sa, e non tutti sono regolari, ma anzi la maggioranza di quelli che arrivano sono clandestini. I numeri delle statistiche hanno un certo limite di approssimazione ma comunque, pur nelle lievi differenze fra i vari istituti di ricerca, raccontano di uno sconvolgimento che non si era mai visto in Italia nell’ultimo secolo, un incremento demografico con il quale bisogna fare i conti. Il caso della bambina Sofia morta di malaria, diventando mediatico, ha dato adito ad una serie di polemiche politiche sull’origine di questa malattia. In effetti, questa estate abbiamo assistito ad una incredibile recrudescenza di malattie che credevamo debellate da anni, come la lebbra e la tubercolosi (soprattutto in Lombardia), la scabbia e infine la malaria. Anche se nel caso di Sofia il contagio è stato autoctono, alcuni medici hanno avanzato l’ipotesi che queste malattie siano collegate ai flussi migratori, nel senso che gli stranieri che giungono in Italia potrebbero essere già infettati oppure potrebbero essere a rischio gli aeroporti, zone di transito internazionale, dove molto difficile è eseguire disinfestazioni e bonifiche. Ciò è bastato a scatenare un clima da caccia all’untore. La paura fa presto ad impossessarsi della gente e a renderla cieca di fronte a certe situazioni. Anche se il Ministero della Salute non si è ancora pronunciato, sulla zanzara anofele, alcune forze politiche, come la Lega Nord, subito hanno ventilato connessioni fra le malattie e l’immigrazione; il leader Salvini si è detto convinto che a portare la scabbia o la tubercolosi siano i neri ed è stato tacciato di razzismo e xenofobia. Certo, l’ignoranza che alligna nel profondo, specie delle classi sociali più basse, porta ad un clima di sospetto, complottismo, diffidenza, che fanno presto a diventare paura xenofoba, se non panico, e i genitori che portano i figli a scuola vogliono essere tranquilli che i bambini non corrano alcun rischio. In questo senso, l’obbligo della vaccinazione (altro tema caldo di quest’estate) non ha fatto che alimentare i loro sospetti. I più sprovveduti si chiedono: se la Ministra Lorenzin vuole sottoporre i bambini ad una sfilza di vaccini che in nessun altro paese europeo se ne vedono, un motivo occulto ci sarà; non sarà forse riconducibile alla presenza degli stranieri, anche se non ce lo dicono per non creare panico? Questo e tanto altro porta l’emigrazione da cui siamo investiti.

È stata l’estate di Gabbani, con “Tra le granite e le granate”, di “Volare” di Fabio Rovazzi feat. Gianni Morandi e di “Despacito” di Luis Fonsi feat. Daddy Yankee

Ma è stata anche l’estate delle spiagge affollate e delle feste di piazza, dei festival della letteratura e delle sfilate di moda.

È stata l’estate delle stragi di Barcellona in Spagna e di Turku in Finlandia. Il sogno dei fondamentalisti islamici, la follia di imporre nel mondo il dominio del terrore, diventa concreta e tragica realtà e ci arriva nelle case attraverso le immagini dei telegiornali mentre siamo a tavola a mangiare, oppure in ufficio o al mare a rilassarci. E non c’è scampo, perché i nuovi combattenti sono ragazzi europei, lupi solitari come vengono definiti, che si sono radicalizzati. Cresciuti grazie al web nel culto della guerra santa, la jiiad, perseguendo una missione per la quale sono disposti a sacrificare la stessa vita. “No tiengo miedo”, gridano i giovani nella piazza di Barcellona, “io non ho paura”, proprio ad esorcizzare quella paura che invece ci ghermisce, ci invade. La paura di tutti noi di finire vittime del fanatismo islamico che ci costringe a cambiare stile di vita, abitudini. E i luoghi di adunate sociali, discoteche, feste all’aperto, concerti, diventano obbiettivi sensibili, location di potenziali attentati.  Il folle disegno dei jiiadisti di islamizzare l’occidente si alimenta della crisi di lavoro e nella mancanza di valori, nel vuoto di idee in cui è precipitata l’Europa e nella strumentalizzazione politica, nell’incapacità dei governi di fronteggiare una emergenza sociale senza pari, e infine in una sorta di mutamento antropologico che sta interessando l’umanità. Perché le giovani generazioni, senza referenti importanti, nessuna cultura di base, senza valori fondazionali del loro essere al mondo, senza appartenenze, nella “società liquida” per dirla con Zygmunt Bauman, mutano obbiettivi e intenzioni come cambiano le scarpe e le magliette.

Paolo Vincenti – 26 settembre 2017