di Marcello Buttazzo –

In una società aperta, fluida, multietnica, plurale, l’interazione e l’integrazione devono essere capisaldi primari, irrinunciabili. La politica italiana torna ad occuparsi di Ius scholae, una proposta concreta e necessaria che darebbe la cittadinanza a quei giovani nati qui da genitori stranieri e che hanno frequentato per 5 anni una scuola italiana. I provvedimenti di inclusione sono benedetti, rientrano nella sfera dei diritti e dei doveri, in un tempo (il nostro) che ancora tende ad escludere. Come al solito, Lega e Fratelli d’Italia fanno strenuo ostruzionismo e opposizione a questa misura di civiltà. Ma prima o poi, le visioni miopi e ideologiche verranno spazzate via dal vitale esame di realtà, a cui nemmeno la politica attiva può rinunciare. Tanti ragazzi, insegnanti ed educatori sono protesi al riconoscimento d’un lavoro certosino. Lo ius scholae riguarderebbe oltre 1,1 milioni di ragazzi e ragazze. Il capogruppo leghista in commissione Affari costituzionali della Camera, Igor Lezzi, ha parole definitive: “Siamo contrari al testo, non serve a nulla”. Invece, ciò che non serve davvero a nulla è la propaganda continua e la strumentalizzazione dell’esistente.

Marcello Buttazzo