di Antonio Bruno

Su “Polvere di stelle” di Antonio Zoretti trattamento e regia di Mauro Marino in scena Piero Giovanni Rapanà e Giuseppe Luigi Fioschi

L’Associazione Culturale Fondo Verri  per “Distillerie in scena”

venerdì 10 luglio 2015 cx Distilleria De Giorgi – Parco Urbano, San Cesario di Lecce

 

Se devi parlare, parla per esperienza diretta .
Paramahansa Yogananda

 

Pieno di “polvere di stelle” sono uscito “scintillante” dall’area delle ERBE RARE del giardino delle “Distillerie De Giorgi” di Via Ferrovia a San Cesario di Lecce. Ieri di nuovo la conferma e quindi la consapevolezza del “disumano tempo nostro”.
Antonio Zoretti sembra vedere senza stimolazione della rètina, ovvero senza occhi, al buio, come Tiresia. Quello che ha espresso ieri Antonio è il pensiero che ha in sé invisibile e l’immagine.
I miti su Tiresia sono molti. Uno dei più diffusi racconta che, passeggiando sul monte Cillene (o secondo un’altra versione Citerone), vide due serpenti che copulavano, ne uccise la femmina perché quella scena lo infastidì. Nello stesso momento Tiresia fu tramutato da uomo a donna. Visse in questa condizione per sette anni provando tutti i piaceri che una donna potesse provare. Passato questo periodo venne a trovarsi di fronte alla stessa scena dei serpenti. Questa volta uccise il serpente maschio e nello stesso istante ritornò uomo.
Antonio come Tiresia fa la narrazione delle donne della distilleria di San Cesario, ne ha colto così bene i tratti che ci restituisce la loro umanità e quest’ultima ne esce ancora più “scintillante” se si opera un confronto tra quella “realtà” fatta di Comunità di donne che unificano con gli uomini e quella di oggi che è una realtà non UMANA.
Antonio sciolina le differenze e asciuga le parole prima di farle vivere negli occhi di chi legge e nei suoni dell’attore.
Non c’è ombra nelle parole di Antonio di sofferenza e sfruttamento per il lavoro massacrante che toglie la vita. C’è sofferenza ma per la perdita del lavoro, per la perdita dell’andare la mattina alle distillerie. C’era una prospettiva in quell’industria, un sogno, una speranza anche per lui che avrebbe voluto lavorarci, che aveva sperato di contribuire al suo “stare qui” invece che di affogare la disperazione in una “fuga da qui”.
Una lettura nella quale percepisco quello che io stesso, coevo dell’autore, percepivo di quello che è stato il lavoro in distilleria e delle donne del Paese più bello del Mondo.
Zoretti rimette le cose a posto, traccia un cammino che parte dal secolo scorso delle distillerie per SUPERARE il “non senso” del presente, auspica un risveglio attraverso la memoria di ciò che fu, spera in una consapevolezza che faccia “chiudere per sempre con il presente”.
Chiudere con questa vita dell’Economia e della Finanza che tiranneggia le donne e gli uomini schiacciandoli e frantumandoli senza neppure sapere il nome e il volto di questo “TIRANNO” che è anche senza casa, che è liquido come la società che ha “DE – GENERATO”.
Zoretti ha declinato una possibilità di uscire dalla stretta della morte…. adesso tocca a noi!