di Marcello Buttazzo –

Il poeta Ennio Cavalli sostiene che per essere poeti occorra guardare la realtà, la Natura, “con occhi da poeta”. La vita ci offre scenari sconfinati e multipolari, esperienze infinite, da approfondire e da risolvere in un caleidoscopio d’anima. Per quanto mi riguarda, poesia è un collante vastissimo, che compendia innumerevoli vicissitudini dell’esistente. Poesia è una stretta di mano vigorosa, è un abbraccio vivo, un sorriso appena accennato, un complimento, un augurio, un bacio. La fragilità è poesia. Piccole e significative cose, che caratterizzano l’operato degli uomini e delle donne.

Lampi di poesia ritrovo pienamente nella mia amica Anna Maria Nuzzo.
Lei è una fisioterapista, vive a San Cesario, vicinissimo al mio paese, Lequile, nella Valle della Cupa. L’ho conosciuta un po’ d’anni fa, insieme al marito Gabriele Spedicato. Ci siamo ritrovati molte volte, in occasione di presentazioni di libri, di letture di versi, di semplici incontri. Lei è appassionata di teatro e di poesia. Lei guarda e decodifica la Natura con occhi d’incanto, semplici, puri, illesi. Ultimamente, Anna Maria ha raccolto i suoi versi in una silloge dal titolo “Ti ricordi il biancospino?” (Edizioni Spagine- Lecce) a cura di Maurizio Nocera. Ho letto con piacere lo scritto della mia amica, attratto dalla linearità dei suoi versi, privi di orpelli e di barocchismi superflui. Al contempo, la sua scrittura è elegante, bordeggiata ai margini e dentro un mondo interiore, pullulante di accadimenti, di dolori, di gioie. In “Ti ricordi il biancospino?”, s’appalesa una parte dell’universo intimo dell’Autrice. La sua infanzia s’accende d’una bambina curiosa, che giocava sull’altalena. I suoi amori sono dolci, delicati; la Natura, il sole, le stelle, vorticano con grazia in uno spazio definito e in un tempo clemente. Anna Maria, come ha scritto Maurizio Nocera, non esprime mai parole d’odio, di risentimento, di disprezzo. La sua è poesia della consapevolezza, della bellezza umana. Certo, a tratti, compare anche il dolore, traversato in certi frangenti. Ma non è mai un dolore paralizzante, invalidante. Lei ha saputo metabolizzare e trasformare il travaglio in nuove aurore, in gioia di vivere. Ed anche la rabbia e tutta la costellazione di sentimenti umani vengono respirati ampiamente, a pieno regime, dalla nostra Autrice. Ma la sua è, ovviamente, rabbia costruttiva, ossia quell’ardire che ti fa indirizzare le storie (ogni storia con la sua caratterizzazione precipua), nei meati d’una ambita creatività. I suoi versi sono una preghiera laica e spirituale, un rosario di parole misurate, contegnose. Sono felice che Anna Maria abbia pubblicato questo libro di 40 poesie, perché lei è una donna semplice, umile, modesta, gentile e affettuosa, che merita tutto il calore dei suoi amici, delle sue amiche. In “Ti ricordi il biancospino?”, i versi sono inframezzati dai disegni sopraffini del marito Gabriele Spedicato. Le poesie della silloge non hanno titolo. È una scelta azzeccata, perché le poesie si possono leggere e interpretare come un continuum, un unico racconto, in cui balena e scintilla tutto il mondo vibratile d’amore dell’Autrice. “Il cielo si riempì/ di poesia/ dimenticandosi del sole, / della luna, delle stelle. / Scagliò una bottiglietta d’inchiostro/ chiuse gli occhi/ come una pesante coperta di lana/ piangendo/ tutto il suo pianto./
Marcello Buttazzo