di Marcello Buttazzo

L’amore è un inganno? È perenne illusione? Perché indugiare sull’amore? Perché interrogarsi con insistenza sul significato d’una questione prettamente irrazionale, soggetta al mutar di sentimenti, di tempeste biochimiche? Perché scrutare l’amore, che sovente si presta a interpretazioni soggettive, unilaterali, che lo accomodano, lo aggiustano, lo frustrano, lo decapitano? È una domanda retorica. È come chiedersi: le stelle notturne vagabondano, ma sono consapevoli del loro splendore, del loro lucore? Ciononostante, sempre penso all’amore e mi ritorni come un fruscio di parole non dette. Mi ritorni e sento addosso, a fiaccarmi il petto, una lama che mi taglia, mi lacera. Con fiotti di sangue emergi e mi riempi. Quante parole taciute non pronunciate e ora indigeste mi imbrigliano, mi soffocano. Avrei voluto dirti: “Ti amo, sì, ti amo…”. “Ti amo, però…”. “Ti amo, ma se vai via da me…”. Invece, ti dissi parole definitive, assolute. “Ti amo più di tutto. Sei tutto per me”. L’amore, però, è fragile, provvisorio, precario. Il passato con te, fiume lento che va e non mi dà tregua. Fra le dune di sabbia, veloce correvi sotto i soli d’agosto, sinuosa e leggera come una giovane dea di bellezza, sospiri, attese, speranze. Con le tue mani intrecciavi nidi, carezzavi ferite profonde, approfondivi l’inizio del mondo. Con le tue mani di duttilità e dolcezza, di arabeschi mi lambivi la pelle arsa e il cuore spezzato, mi amavi e riamavi, mi perdonavi il tempo. Viaggiava un amore di gusto e papille, di sensi, di occhi di ninfa, di rosso, di gioia meridiana. Epperò, va bene così. Il giorno oggi è un tormento sonoro, un eterno bambino, un florilegio di centomila colori, se solo tu e mille altre muse mi sovvengono con violini e arance. Con le arance insanguinate dei campi travagliosi e bruciati. Nonostante tutto, ho dentro, nel connettivo delle ossa, l’idea imperitura d’un amore bello. Un amore possibile. Al quale vorrei dire: cattura la primavera di maree e margherite; tuffati in prati desiderati. L’amore è inganno? No, l’amore è iride e sogno, spuma e vento, topazio e luna, ritorno delle more selvagge. All’odierna musa, che mi naviga dentro, vorrei dire: all’alba, affacciati per strada, fra migranti, corse e biciclette: sul lungo viale, sorge la vita. La vita marginale, di passaggio, che vaga, s’affretta, cerca la pepita d’oro, lo scialle morbido, il leggero vestimento della delicata fanciulla. Che ogni giorno, fra anime calde e rinascite di soli, fra cieli d’indaco e notti di stelle silenziose, sfila la veste. La fanciulla nei mari sognati si mostra nuda come un astro di luce accecante, come carezza e spuma, nuda come la terra nuda: lei sarà cominciamento dei giorni nuovi, guida per le anime lacerate, barbaglio del Sud.

 Marcello Buttazzo