Le “stanze” di Carrozzo e Fabi
di Marcello Buttazzo –
Come si spètala una seta troppo ardita,
avrebbe finto di negarsi e rinunciare.
Inetto e ingrato a quell’ordito, che sta prima,
di carne e nervi senza colpa né castigo.
Nel luglio 2022, è stata pubblicato da Kurumuny il libro “Di bellezza non si pecca, eppure (O del corpo che muove prima)”di Marthia Carrozzo. Un poemetto in cinque stanze, in un dialogo con il Maestro Claudio Fabi. I versi di Carrozzo sono poesia erotica intrigante, pieni di luce, di sensi che urlano amore carnale e spirituale. In parte questi versi hanno già visto la luce, dieci anni fa, nel 2012, sempre per le Edizioni Kurumuny, nel poemetto “Di bellezza non si pecca, eppure. Trilogia di Idrusa”. Adesso, Carrozzo ampia la partitura e arricchisce il libro con il dialogo/intervista al Maestro Claudio Fabi. Un dialogo serrato fra due poetiche. Claudio Fabi è un musicista versatile, che nella sua esistenza s’è distinto come compositore-interprete e produttore arrangiatore, manager discografico e talent scout. Ritenuto uno dei più importanti e innovativi produttori musicali italiani, la sua carriera artistica ha avuto un respiro internazionale. Per la Ricordi ha realizzato numerose produzioni discografiche di musica classica, collaborando con artisti come Claudio Abbado, Marta Argerich, Bruno Canino e Maria Tipo. Negli Stati uniti, ha diretto, per conto della RCA, la realizzazione di diverse produzioni di noti artisti pop americani destinati al mercato italiano. È stato direttore artistico della “Numero Uno”, la casa discografica fondata da Mogol e Lucio Battisti e significativo è stato il suo apporto dagli anni ’70 ai ’90.
Marthia Carrozzo ha scritto questo suo poemetto per Camminamenti, piccola collana di scritture in movimento. E i suoi versi sono un trasalimento, un palpito erotico-sentimentale: essi riverberano echi della canzone provenzale, ma recano una inerente originalità e cifra precipua. S’esalta nei versi di Carrozzo il corpo, il corpo che evoca, che parla, il corpo-anima. La bella Idrusa, nella sua ora, si sveste, non mente, vive il tempo oltre ogni indecenza. Vuole la bocca, la bocca sugli occhi, vuole la lingua. La lingua, prima ancora di parlare. Idrusa vuole il moto a rinserrare una promessa di nitore. Vuole respirare in ogni anfratto, nutrire l’amato in volo.
Tu stammi stretto, tieni forte le mie sponde.
Tu stammi dentro, sotto il derma, a consacrare.
Affiora e guardami trafitta, tra le ali.
Aprimi un varco fino al siero del tuo cuore.
E sarà strabilio bagnarsi dalle labbra e farsi umore. Peso specifico del mare nell’amore. Idrusa mai si stancherà delle mani, perché le mani sanno. La poesia diventa corpo, sangue, saggezza trasparente della pelle. “Per quell’amare delle membra che mi sfianca, /mi appartengo/”, scrive la poetessa. “Penetrare e lasciarsi penetrare è cosa di corpi, certo, ma anche procedura della mente, nel suo tentativo di dire reale, o almeno di fare i conti con lo scacco che questa realtà sempre ci riserva”, scrive Lello Voce nella prefazione. Ogni parola e ogni fiato allogano prima nei nostri muscoli. E soltanto aprendosi all’altro da sé che raggiungiamo una completa omeostasi. I palpiti d’amore di Idrusa sono sconfinati, seguono la partitura del corpo, che è anche mente. Idrusa, antica eroina bellissima e libera, conosce le pieghe della vita, le scava, come una archeologa fa emergere reperti di sogno e visioni. Molto intenso è il dialogo/intervista al Maestro Claudio Fabi. Fabi afferma che la musica classica, jazz, cantautorale o di altro genere, nel suo principiarsi, viene fuori da un approccio poetico. Rivolgendosi a Carrozzo, le parole di Fabi sono emblematiche: “Ora il corpo, per come lo intendi tu, è un corpo che contiene tutto: la parte mentale, la memoria che ciascuno di noi si porta appreso, ma anche l’emotività, la sensualità, quell’erotismo che tu così bene descrivi, nelle tue opere”. Molto ricca è la narrazione che Claudio Fabi fa degli anni Settanta. Lui, pur avendo una formazione intimamente classica, si avvicinò alla musica rock, che era il mondo della musica giovanile, per motivi assolutamente politici e sociologici. In quel tempo c’era chi gridava il suo dissenso alla guerra in Vietnam, chi si pronunciava con forza contro Nixon. Il Maestro Fabi sostiene, tra l’altro, che oggi stiamo vivendo un rinnovamento generale, dal punto di vista tecnico e dell’industria musicale, con il rap. All’asserzione di Carrozzo che “la poesia, nella sua asserzione più sensuale, nella sua cifra più erotica, sia un vero e proprio atto politico”, Fabi risponde positivamente, perché l’artista si adopera solitamente per realizzare ciò in cui crede, secondo il suo sentire. Come la musica, la poesia cerca di farsi utile, la poesia che fa, che produce. Fabi è convinto che la poesia sia fatta di periodi, di immagini, certamente di azioni, e che il rapporto fra musica e poesia sia un rapporto dinamico. La poesia e la musica originano respiro. “Ed è qualcosa di molto erotico, se ci si sofferma ad analizzarlo, perché arriva a descrivere anche un altro tipo di scambio, di comunicazione, di compenetrazione, che poi è quella fra uomo e donna”, dice Fabi. La musica è coralità. E anche la poesia non è mai un io, ma più propriamente un noi. Dobbiamo rinunciare, almeno in parte, al nostro Ego, per entrare in sintonia con l’altro da sé, con la fraterna umanità.
Marcello Buttazzo
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