di Marcello Buttazzo –

Riportami dove non sono mai stata.
Nell’otre in cui si quietano i venti
nell’utero casto delle salamandre
sotto il brulichio dello sterpame
e sui gotici scheletrici delle zanzare.

È stato appena pubblicato per I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno il libro di poesie “Di venti varia” di Anna Rita Nutricati. L’autrice è una studiosa di poesia e di letterature, intenta a cercare nella profondità della parola i significati più riposti. Come un’attenta archeologa, Nutricati s’addentra fra le pieghe semantiche e riesce a scovare pietruzze preziose e delicate. La sua febbrile ricerca linguistica non è mai un esercizio sterile e freddo, non è un’operazione artefatta condotta a tavolino. Tutt’altro. Il suo certosino adoperarsi sulla lingua, sul suo significato e sulle sue origini antiche, è un lavoro altamente poetico di chi fa e di chi produce non per un semplice trastullo, ma per un gioco serio, per un esperimento letterario di riguardo. Ciò che colpisce ed intriga nei versi di Nutricati è l’ardita attività creativa e fonetica, che riesce a produrre una musica allettante e straordinaria. La poesia di Annarita è colta e ricercata, ma non per escludere. Ma per includere, perché tutti assieme possiamo essere trasportati da un fiume ben modulato di tessere e di significati. Certo, la sua è una poesia che potremmo definire anche ermetica, con chiari rimandi alla tradizione classica, a Dante, a Dannunzio, alla mitologia. Ciononostante, la poetica di Nutricati è davvero originale e modernissima, con trovate linguistiche stupefacenti, che si riverberano soprattutto nella formidabile musicalità e sonorità dei versi: “La genesi a sentirla nelle mani/pare consiglio di arti sovraumani./Scordai farine e olio nelle giare./Raccolsi solo tozzi di fango/per ritualizzarmi nell’incanto./; “Nella muta idolatria/di una carezza/sarò acqua/ che precipitosa/sversa/”; “E spondeggiando/per antico vezzo/sui lisci versanti/del tuo collo/come un infante/risentirò improvviso/tutto il profumo/del mondo./” Scrive Alessandro Franci nella prefazione: “…la lingua della poesia è, rispetto a quelle della comunicazione e della stessa prosa letteraria, una lingua diversa, quasi straniera e assai più ricca, dove la parola non è soltanto ciò che significa, ma significa ciò che è”, dice Giovanni Giudici nel suo “Andare in Cina a piedi-racconto sulla poesia” Edizioni E/O”.

La poesia di Anna Rita è davvero un abbracciare integralmente le sfumature più recondite della parola, sminuzzarla, analizzarla, carezzarla, farla balenare in un ordito affascinante. Ho il piacere di conoscere Annarita. Ci siamo incontrati una volta a Gagliano del Capo, il suo paese, in occasione di un incontro sul poeta Cosimo Russo. Ma ci teniamo quasi quotidianamente in contatto per telefono e tramite il medium della macchinetta tecnologica di Facebook. E sui social, Anna Rita esprime una poetica globale molto interessante, con poesie di vari autori pubblicate, con suoi versi inediti, con opere di pittura di diversi artisti. Devo dire che interloquire con lei è molto piacevole, come una linfa vitale che t’arricchisce. Ha sempre la parola giusta, mostrata con morbidezza e con grande spirito liberale, libertario. Anche questa è una sua poetica inerente. La raccolta “Di venti varia” si compone di tre sezioni: “Per Asfodeli”, che è una sorta di attraversamento nel mondo dell’Ade, laddove il bianco giglio selvatico e poetico manifesta l’essenza d’un legame; poi abbiamo “Iconografia”, dove, tra le altre cose, la poetessa evidenzia la necessità di entrare a fondo nel proprio sé e, al contempo, di stabilire un contatto duraturo con l’altro da sé. Ovviamente, anche per Anna Rita Nutricati una prerogativa della poesia è la condivisione e la compartecipazione. Infine, l’ultima sezione è “Fuoriscena”, che ha quasi un vestimento teatrale. La parola può produrre prodigi, può spiegare notazioni complesse, può gettare un ponte di conoscenza con gli altri, con le altre. Sempre Alessandro Franci con grande acume nella prefazione afferma: “La parola della poesia di Nutricati ha vita propria, si decontestualizza, riluce di per sé; costituisce una struttura, spesso rigida, solitaria, è complessivamente, se sommassimo le voci di un glossario ideale, la vera fortezza, di sicurezza protettiva, inattaccabile, all’interno della quale vive, si anima, ha la sua residenza ufficiale il verso”. E davvero la poetessa giunge quasi ad una meditata apologia della parola, senza però compiacersi di ciò. La sua parola poetica ha sempre un rimando, un passato da rispettare, un presente da vivere, un futuro da agognare, una musica da cantare. In “Di venti varia” troviamo una forte consapevolezza sentimentale, un eros vibrante, lampi di passione: “Come viziosi e teneri/amanti, il lento congedo/scambiano con i preamboli./”

Anna Rita Nutricati è una poetessa schiva, appartata, ma con questa sua splendida opera prima si offre ai lettori nuda, con tutto il candore del suo spirito.

Dall’azimut alla fonda
occipitale un plenilunio
copre le fosche cave
ammainando sui tuoi
mecenateschi fianchi
e sbarrata la visione
di lutei bulbi per carmi
e radenze musicanti.
Poi selenico per natura
ergendosi alla spuma
s’impuntiglia sui torri
spolmonate e rase.

                 Marcello Buttazzo