di Marcello Buttazzo –

Il Parlamento ha in esame un testo che prevede la possibile legalizzazione della cannabis. Il Paese, come al solito, è spaccato, diviso su una tematica dirimente. I politici proibizionistici sono particolarmente agguerriti: sono i soliti Gasparri, Giovanardi, Quagliariello, Sacconi, Roccella, Binetti, Alfano, Lorenzin. In un’intervista su “Il Corriere della Sera”, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ci ricorda: “È scientificamente provato che la cannabis fa male”. Ed, effettivamente, nessuno si sognerebbe d’asserire che l’assunzione di sostanze psicotrope sia un toccasana per la salute, soprattutto dei più giovani.
Qui la questione è sociale e politica: nei fatti, anni e anni di politiche marcatamente proibizionistiche hanno fallito fragorosamente. Forse, con la legalizzazione della cannabis si potrebbe giungere ad un maggiore equilibrio, ad una sorta di controllo del consumo, ad un ridimensionamento dei fenomeni e delle devianze criminali.
Alcuni dati negativi del rigido regime proibizionistico sono sotto gli occhi di tutti. Ad esempio, la legge Fini-Giovanardi, che omologava in un unico calderone e in unico gruppo sistemico e tassonomico droghe leggere e droghe pesanti, giudicata incostituzionale dalla Consulta, ha avuto il “merito” di far riempire fino all’inverosimile le già fatiscenti e sovrappopolate carceri di tossicodipendenti e di piccoli spacciatori d’erba, fino a farle scoppiare. Qui nessuno vuole fare l’elogio delle droghe leggere. Nessuno vuole fare l’apologia dell’erba. Ci mancherebbe. Ben venga l’invito accorato della Lorenzin: “Da mamma dico no alla cannabis. Spieghiamo nelle scuole che fa male”. Indubitabilmente, i nostri ragazzi vanno educati, persuasi, indirizzati. Vanno convinti che si può respirare a pieno il gusto della vita, senza fare ricorso all’uso di certe sostanze. Vanno invogliati a cogliere la bellezza, come fiore di imperituro splendore.  Aspettiamo, altresì, campagne ministeriali contro l’uso legalizzato di tabacco e alcool, droghe leggere ben più nocive dello spinello. Con sconcerto si può osservare che la schiera dei politici proibizionisti è caratterizzata tutta da teorici e paladini che, negli anni, erano contrari, tra le altre cose, alla legalizzazione della fecondazione eterologa, all’impiego degli embrioni sovrannumerari orfani congelati per la ricerca scientifica e manipolatoria, alla commercializzazione della pillola abortiva Ru 486. Ma non sempre una filosofia di vita proibizionistica riesce a sortire gli esiti sperati. Proibire, ad oltranza, non dà frutti maturi e serve solo a celare strategie improduttive, palesando l’incapacità di affrontare morbidamente e flessibilmente i problemi.

Marcello Buttazzo