di Marcello Buttazzo

Nelle fila frazionate, scisse, del centrodestra, c’è chi ha l’ambizioso intento di ricucire e di rinsaldare le diverse anime litigiose. L’ardimentoso Giovanni Toti si sente investito, senza essere stato designato da alcuno, del ruolo di demiurgo, di leader massimo del nuovo che avanza (o del vecchio che si ricicla). “I sondaggi danno il centrodestra al 33%, competitivo anche per raggiungere quel 40% che permette di governare”, ha declamato il politico di Forza Italia. Certo, la sinistra, dal Pd in giù, è frammentata più che mai, ma altrove sono ancora più disomogenei, perché aderiscono a progetti sostanziali evidentemente antitetici. Nell’ex Casa delle libertà convivono forze chiaramente contrapposte, che spesso bisticciano fragorosamente: alcune tradizionali, europeiste e più o meno liberali; altre demagogicamente nazionalistiche e sovraniste. Ma Toti, fiducioso, non dispera. Lui sostiene più o meno palesemente di voler costruire un contenitore unico del centrodestra, partito- coalizione, una sorta di federazione che tenga tutti assieme, in specie Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega Nord. Insomma, l’obiettivo manifesto è quello di fondare, in Italia, un partito conservatore come quello inglese, o un partito repubblicano come quello americano dell’ineffabile e inqualificabile Trump. Il presidente della Liguria, alla ricerca del soggetto unitario, si gioca tutte le sue carte. Lui ritiene di essere un bomber di razza, una sorta di Francesco Totti. Ma lui è solo Giovanni Toti.

Marcello Buttazzo