di Antonio Stanca – Il mese scorso, a ottantaquattro anni, è morto a Roma Stefano Rodotà, uno dei giuristi più importanti in ambito italiano e straniero.
Era nato a Cosenza nel 1933 da genitori di origine albanese, si era laureato in Giurisprudenza a Roma presso l’Università La Sapienza. Era il 1955 e d’allora era cominciata quella sua carriera universitaria che da assistente di Rosario Nicolò, riconosciuto come “mio maestro”, dalla borsa di studio presso l’Università di Stanford, lo avrebbe portato a professore ordinario di Diritto civile nelle Università di Macerata, Genova e Roma nonché in università europee ed americane.
Accanto alla carriera accademica ci sarebbe stata quella politica che, iniziata negli anni Settanta, quando Rodotà era stato membro del Partito Radicale, lo avrebbe visto aderire poi al Partito Comunista ed ancora dopo a quello Democratico della Sinistra. Era giunto a coprire molti incarichi parlamentari, a svolgere molti compiti in Italia e in Europa, era stato candidato alla Presidenza della Repubblica Italiana, aveva partecipato alla Scrittura della “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”, era stato nel “Gruppo Europeo per l’Etica della Scienza e della Nuove Tecnologie”, aveva presieduto il “Gruppo Europeo per la Protezione dei Dati Personali”, si era impegnatonella soluzione di problemi che riguardavano l’informazione telematica e molti altri incarichi e collaborazioni avevacondotto.

Molti riconoscimenti, molti premi aveva ottenuto.

Rodotà ha partecipato alla fondazione di riviste, di giornali, ha scritto per questi ed autore di molti saggi è stato. Suoi temi specifici sono stati il Diritto privato e civile ma non ha trascurato il Diritto costituzionale. Un’ampia attività di studioso ha svolto ed a questa, alle opere che ne sono derivate, può essere riportato ogni altro suo impegno oltre a quello accademico. Anche l’attività politica va ricondotta alla sua intellettualità, alla sua moralità, la sua azione è dipesa dal suo pensiero. Non è mai venuto meno nel Rodotà, diventato noto personaggio nazionale e internazionale, quanto aveva contribuito a definire il suo pensiero, le sue tendenze, la sua morale, il suo giudizio. Erano stati i principi, i valori fondamentali della condizione umana, della vita, quelli che avevano fatto dell’uomo un essere civile, sociale, capace di stare con gli altri, di svilupparsi, di evolversi insieme a questi, di colmare le distanze, le differenze, di procedere verso il futuro in un presente che veniva dal passato.

L’uomo, la vita, la storia sono stati gli elementi ai quali Rodotà ha applicato le sue qualità di giurista e suggestiva riesce sempre la lettura di un suo saggio ché non ridotto è mai ad un’analisi rigorosa, distaccata, ma esteso a comprendere gli aspetti più reconditi della condotta umana, ampliato a collocarli, spiegarli in un contesto che va dai tempi più remoti a quelli più attuali.

Un umanista, uno scrittore è diventato il giurista Rodotà e così pure in Solidarietà (Un’utopia necessaria), saggio che risale al 2014 e che recentemente il quotidiano “la Repubblica” ha riproposto in allegato. Qui Rodotà ripercorre la storia del concetto di solidarietà passando attraverso le sue numerose, infinite fasi, da quando era solo un’idea, un’azione caritatevole di carattere privato, da quando rientrava tra le buone azioni volute dalla religione cristiana a quando, nei tempi moderni, era diventato un principio giudiziario, una norma costituzionale, una legge, un diritto. Lungo e non facile era stato questo percorso, molti ostacoli si erano frapposti, molte polemiche erano sorte. Si era discusso su come uno Stato doveva attuare la sua politica di solidarietà, se doveva essere limitata ai suoi cittadini oppure rivolta anche agli stranieri che vi si erano insediati, a quali cittadini o a quali fasce sociali dovevano essere indirizzate le azioni di solidarietà, di quale genere dovevano essere. Mai si era acquietata la polemica ed oggi ha acquistato nuova forza a causa del fenomeno degli immigrati.

Molti politici, molti studiosi vi hanno preso parte nel passato e ai nostri tempi, molti convegni ci sono stati, molti documenti ufficiali sono stati stilati, molte leggi sono state sancite e Rodotà, in questo saggio, non manca di citare tutte le personalità, tutte le  tappe che sono state collegate col problema, di considerare questo travaglio come una prova tangibile dell’importanza che il fenomeno ha assunto, di confrontare con quello degli altri il suo pensiero che non vuole una solidarietàridotta ad alcune situazioni, limitata ad alcuni Stati ma la vede estesa a tutti gli Stati civili, la fa diventare una norma inderogabile, imprescindibile delle loro costituzioni, una regola pari a tante altre.
Rodotà si rende conto delle difficoltà di ottenere tanto ma ne fa un progetto per il futuro, invita a lavorare per la sua realizzazione anche perché è convinto che solo così si finirebbe di assistere alla “barbarie” dei nostri giorni.

Antonio Stanca