di Marcello Buttazzo –

Su “Stanza d’anima”  (Collettiva Edizioni Indipendenti) di Maria Grazia Palazzo

     A Gino Strada

non sono pacifista, sono contro la guerra,
lo ripetevi sempre, contro ogni retorica becera
armi per ferire, mutilare, uccidere civili,
più del 90% giovani, donne, bambini 
4000 anni di storia, milioni di euro per la corsa
folle di cinismo dei costruttori del vitello d’oro 
avevi visto tutto Gino, la fine del mondo,
il disumano, il delirio dell’accecamento

La scrittura poetica può essere un passo elegante di danza, un procedere fitto fitto, denso di significati, di rimandi mitici e storici. La scrittura raffinata, che non si piega alle mode mondane della cronaca, all’incedere edulcorato che, a taluni, piace per definizione, per antonomasia. La scrittura poetica civile con accese e furenti vibrazioni d’amore, che mostra la realtà non in un’aura d’indicibile, ma in uno stratagemma comprensibile, assimilabile, intellegibile, pur nella corposa e complessa austerità. La scrittura rigorosa, che compendia verso e significato, che mostra una purezza d’intendimenti, un adamantino scorrere lessicale e linguistico. Già in “Andromeda” (I Quaderni del Bardo Edizioni) e in “Toto corde” (La Vita Felice) avevamo potuto apprezzare intimamente la poesia di Maria Grazia Palazzo, autrice di Monopoli, nata a Martina Franca. Maria Grazia ha una formazione umanistica, giuridica, teologica, ha esercitato per anni la professione di avvocata, ha compiuto studi di genere. È moglie, è madre d’uno splendido ragazzo, Amit. Ho conosciuto Maria Grazia, ho incontrato qualche volta lei e i suoi famigliari. Sicché posso dire compiutamente, mutuando le parole di Alda Merini, che più bella della sua poesia è la sua vita. Una vita intensa, dedicata alla famiglia, all’insegnamento, allo studio, alla poesia. Le sue opere sono sempre uno squarcio aperto sul mondo, una trafittura di bellezza, una finestra sulla realtà effettiva, filtrata dalla lente immaginifica della scrittura. La sua nuova raccolta di versi “Stanza d’anima”, pubblicata per Collettiva Edizioni Indipendenti, esprime uno spazio-tempo inedito, dove si manifesta tutto l’impegno, l’incanto, il disincanto, il tormento. Palazzo non ama la produzione solipsistica, non è mai ripiegata su se stessa, ma ritiene che la passione e il patire debbano essere essenzialmente mansioni collettive. La poesia di Palazzo non è mai incentrata sull’egocentrismo: è sempre fiorente con uno slancio vitale verso l’altro da sé, è sempre protesa in un ampio discorso universale. Protagonisti dei suoi versi sono gli uomini e le donne, l’umanità che soffre, gioisce, vive nonostante tutto.  È vero, la piazza virtuale ci ha un po’ disconnessi dalla realtà più illesa. In “Stanza d’anima”, l’autrice elargisce con generosità la sua visione contingente e altamente poetica, di là da una realtà virtuale e da una comunicazione mediale, a volte, abnormi e spropositate. Nella nota di lettura finale, Elio Coriano scrive, fra l’altro: “La poesia vera non fa sconti a nessuno/né a se stessi né agli altri/la poesia vera si immola sull’altare della verità/”. E così la poesia di Maria Grazia denuncia la degenerazione dei tempi e agogna di “tornare tutti a produrre scintille di un’era azzurra della pietra focaia”. Ricordando Gino Strada, non un semplice pacifista, ma un grande uomo contro la guerra, la poetessa rammenta l’insania dei conflitti, delle mutilazioni, delle armi, immondi strumenti di morte. Da alcune poesie dedicate possiamo anche intuire il mondo d’elezione di Maria Grazia: ci sono omaggi, fra gli altri, a Eraclito, a Emile Dickinson, a Simone De Beauvoir, ad Antonella Anedda, a Frida Kahlo, a Jung, ad Antonio Verri. Il discorso profondo ed ontologico dell’autrice è ad ampio spettro ed abbraccia gli amanti, i commensali, lo spleen, le ave, l’assente, le paure, le impressioni, le passioni, le ferite, le promesse. È davvero elegante la poetica di Maria Grazia Palazzo. Con lampi diffusi di lirismo, come albe rosa arancio nella pupilla insonne, come campana con una donna lacrimosa. Il lirismo si trova, tra l’altro, nel respiro di muffe di calce, in una nuvola che spegne il cielo d’estate con un battito di ciglia. Parimenti, l’autrice sa creare giochi serissimi di musicalità, come “la lingua che cerca la foce d’acqua/e si sventra come un pesce, zampilla/forando lo spaziotempo, fibrilla/”. “Stanza d’anima” è una raccolta viva di sensazioni, di sentimenti, di stagioni. Ricca, soprattutto, d’umano sentire.

l’aria è più fredda del solito,
la primavera più fredda del solito,
la guerra un’apocalisse fredda,
la pace una preghiera senza odiens,
il consenso elettorale una delega in bianco
mentre un bambino ti chiede “che succede”
e tu dici dormi,            sai non avere
alcuna           risposta   
   

Marcello Buttazzo