di Antonio Stanca –

Dell’anno scorso è Bolle di sapone, romanzo dello scrittore pisano Marco Malvaldi. Lo ha pubblicato Sellerio come tante altre sue opere e come queste rientra nel genere poliziesco. Malvaldi ha quarantotto anni, è ricercatore presso l’Università di Pisa e quando aveva poco più di trent’anni ha cominciato a scrivere di narrativa. Primi lavori sono stati i romanzi della serie “I delitti del BarLume”, che hanno avuto una riduzione televisiva e tanto successo hanno procurato all’autore.

Anche in Bolle di sapone tornano, oltre al genere, gli aspetti propri della sua scrittura, una ricerca della verità che diventa sempre più complicata, una lingua che passa in continuazione dall’italiano al dialetto toscano, un umorismo che rimane sottinteso, un intento didattico, pedagogico che sistematicamente affiora, interviene con le sue verità uniche, indiscutibili. Nei modi di sempre procede il Malvaldi di Bolle di sapone ma vi aggiunge una nota diversa, un elemento nuovo. La vicenda che narra nell’intera opera alla fine si rivela inventata, creata da uno dei suoi protagonisti, il giovane Massimo. Lo ha fatto per suscitare, muovere gli interessi dei famosi vecchietti del BarLume, stimolare la loro curiosità, il loro giudizio, il loro pettegolezzo, tenerli impegnati.  

Manomettendo giornali, reti Internet, Massimo ha fatto giungere al BarLume, dove fa il barista, la falsa notizia che la sua fidanzata, Alice, in realtà impegnata in un corso di aggiornamento per la polizia in Calabria, vi è stata mandata per indagare su un duplice omicidio. E’ il tempo del Covid, sono scattate misure di sicurezza, precauzioni di ogni tipo e l’indagine di Alice diventa quanto mai lenta. Al BarLume, situato nella cittadina di Pineta tra Livorno e Pisa, Massimo con le sue manovre fa sapere quel che ritiene più adatto a coinvolgere i vecchietti, occupare le loro giornate mentre la pandemia li obbliga a stare al chiuso. Fa sapere che in Calabria sono stati uccisi marito e moglie, proprietari di una pizzeria molto avviata e preoccupati per le sorti del figlio Giulio, che non riesce a farsi strada con le pizzerie che ha aperto per seguire il loro esempio. Tante, infinite saranno le ipotesi sugli autori degli omicidi. Si arriverà a pensare che i due si siano uccisi a vicenda per permettere al figlio di riscuotere i soldi della loro assicurazione sulla vita e liberarsi dallo stato d’indigenza nel quale è caduto. Per i vecchietti del BarLume l’evento era diventato il loro principale interesse, ne parlavano in continuazione e addirittura si collegavano telefonicamente con Alice, anche lei complice dell’invenzione di Massimo, per sapere di più e pensare, parlare di più. Il BarLume era diventato il tribunale dove si discuteva di tutto riguardo alla tragica vicenda. Sarà Alice, nella sua finzione, a farla credere conclusa secondo giustizia e sarà uno di quei vecchietti, Aldo, ad accorgersi dello scherzo di Massimo e a chiedergli spiegazioni. Non ce ne saranno di molte e di attendibili se non quella che con la fantasia di Massimo stavolta Malvaldi ha voluto sostituire la propria. Senza rinunciare, però, a quanto ha sempre perseguito nelle sue opere, ai significati che si è proposto di raggiungere, al messaggio che ha voluto trasmettere, all’intenzione, ora sopraggiunta, di far vedere come quell’ambiente, quella vita di sempre ha reagito all’emergenza COVID.

Antonio Stanca