di Antonio Stanca –

Donald Richard DeLillo, più noto come Don DeLillo, è uno scrittore, drammaturgo e sceneggiatore americano. E’ nato nel Bronx, un quartiere di New York, nel 1936 da genitori italiani emigrati in America dopo la prima guerra mondiale. Ha studiato, si è laureato e poi si è dedicato alla pubblicistica, allo spettacolo, quindi alla musica, alla scrittura.
Fin dal suo esordio in narrativa, il romanzo Americana del 1971, sono comparsi i temi propri del DeLillo: la crisi della società americana, dei suoi sogni, dei suoi miti, l’invasione della telematica, l’assunzione delle sue infinite applicazioni a vere e proprie regole di vita, le trame ordite nei palazzi del potere, i complotti. S’immedesima la scrittura del DeLillo con la realtà che vuole rappresentare, vi aderisce in modo da non far distinguere tra quanto è vero e quanto immaginato.

Molto premiate e molto tradotte sono state le sue opere. Ha ottantacinque anni ed è considerato uno dei maggiori scrittori americani contemporanei. Nella corrente del postmodernismo viene generalmente fatto rientrare poiché corrosiva è la sua lingua nei riguardi di quella società che rappresenta. La critica, l’attacca, ne mette in luce i difetti, i problemi, i pericoli, l’accusa di molti danni nei riguardi dell’individuo, della sua personalità. Quelli che sono comparsi come vantaggi apportati dalla scienza, dalla tecnica, hanno annullato, scrive DeLillo, le capacità della persona umana, hanno fatto della sua un’esistenza priva di autonomia, di libertà, di volontà.

A volte si proietta, lo scrittore, negli anni futuri, in quelli ancora più nuovi degli attuali e fa assistere ad un’umanità completamente rovinata dalle sue invenzioni e dalle loro applicazioni. Fervida, inesauribile si mostra, in queste opere, la sua fantasia ché opere inventate sono soprattutto, di un’umanità, dicono, che ancora non esiste. Questo avviene pure in Il silenzio, romanzo del 2020 che a Gennaio di quest’anno è comparso in Italia per conto della Einaudi e con la traduzione di Federica Aceto. L’opera è ambientata nel 2022, un anno, un tempo che deve venire, e inizia dicendo di Jim e Tessa. Sono in volo per New York e tornano da Parigi. Lui guarda in continuazione lo schermo di un computer fissato in alto e legge, anche ad alta voce, tutte le indicazioni che vi compaiono e che si riferiscono all’altitudine, alla latitudine, alla temperatura, al tempo previsto per l’atterraggio e ad ogni altro pur minimo particolare relativo al volo. Scambia qualche parola con Tessa che gli risponde con brevissime frasi o con segni, sguardi, sospiri e che pensa soprattutto a scrivere su un piccolo diario. Scrive anche mentre parla, svolge più funzioni come uno strumento tra i più moderni. Entrambi, Jim e Tessa, sembrano moderni strumenti meccanici.

A New York li attendono Max e Diane, marito e moglie. Hanno due figlie lontane ma non ricordano dove. Stanno a casa e c’è pure Martin, ex alunno di Diane, ora laureato in Fisica. Attendono Jim e Tessa con i quali hanno programmato di assistere quel pomeriggio, in televisione, ad un’importante partita di football. Max è già da tempo di fronte al televisore con accanto una bottiglia di whisky, dalla quale beve a piccoli sorsi. Martin e Diane parlano di scienza, di Einstein. Martin parla più di lei e si abbandona alla sua indole visionaria. A Diane piace ascoltarlo, guardarlo, si eccita. A volte, però, non è sicura di quello che lei stessa ha pensato o detto poco prima.

In un contesto simile si verificherà un guasto improvviso, un’interruzione totale: l’aereo dovrà compiere un atterraggio di fortuna, la luce elettrica, il televisore e ogni altro strumento della casa si spegneranno. Jim e Tessa si salveranno per miracolo e arriveranno tardi all’appuntamento. Intanto, mentre Martin aveva continuato nelle sue invenzioni, Max aveva commentato ad alta voce la partita senza vederla.

Ritrovatisi tutti in casa, le cose non erano cambiate, il black-out era continuato dentro e fuori le case. Tutto nella città e forse nel mondo era bloccato e quelle cinque persone venivano mostrate impegnate nei discorsi, nei comportamenti più strani, più bizzarri, più insensati, più imprevedibili. Erano i rappresentanti di un’umanità completamente diversa da quella nota, l’umanità degli anni futuri, del 2022. Non era migliore dell’attuale bensì peggiore poiché confusa era, stordita, priva di attenzione, osservazione, riflessione, memoria, azione, di tutto ciò che sempre aveva avuto. E’ questo l’obiettivo del DeLillo, mostrare la crisi, la rovina alla quale si sta andando incontro e che non può essere evitata date le premesse. E’ stata preparata e deve venire, deve verificarsi: stando sempre con le macchine, come i personaggi dell’opera, macchine si è destinati a diventare e come ogni macchina in crisi si deve andare appena c’è un guasto. I segni, i simboli di questa crisi ha voluto far vedere DeLillo quando ha mostrato quei personaggi privati di ogni logica, di ogni proposito, di ogni verità.

Antonio Stanca