di Antonio Stanca –

Un’ultima cosa è l’opera più recente della giornalista e scrittrice Concita De Gregorio. È stata pubblicata lo scorso Novembre da Feltrinelli nella serie “Narratori”. Non è un romanzo ma una raccolta di testimonianze, di documenti prodotti da donne ormai estinte. Sono vissute nel secolo scorso, sono state particolari, si sono distinte, hanno fatto cose diverse rispetto al loro ambiente, hanno avuto per questo una vita difficile, a volte tormentata ma non hanno rinunciato alle loro idee, alle loro aspirazioni. Le hanno perseguite e realizzate pur tra molti ostacoli. La De Gregorio è andata alla ricerca di quanto riguardava quelle donne, si è recata nei loro paesi, nelle loro case, ha scovato le loro opere, erano state di scrittura o di pittura, scultura, fotografia, cinema, canto, musica, le ha recuperate insieme ad altro che aveva fatto parte della loro vita e tutto ha composto, ordinato in questo recente lavoro. Ne ha parlato in televisione.

Nata a Pisa nel 1963, la De Gregorio ha cinquantanove anni, è madre di quattro figli e moglie del giornalista Alessandro Cecioni. Anche lei, dopo la laurea in Scienze Politiche, ha scritto prima per “la Repubblica”, poi per “l’Unità” e poi di nuovo per “la Repubblica”. Ha condotto programmi per la televisione, la radio e si è avviata, quindi, verso la narrativa. Ha cominciato con racconti per approdare nel 2006 al romanzo Una madre lo sa e continuare con altro giornalismo e altra narrativa. Molti riconoscimenti ha ottenuto in entrambi i campi.

Un atteggiamento di polemica, di rifiuto verso quanto di grave nella vita individuale e collettiva i tempi moderni hanno apportato, verso i problemi che hanno procurato, è stato l’elemento comune, ricorrente nella giornalista e nella scrittrice. Una continua azione di denuncia ha compiuto la De Gregorio nei riguardi del guasto, del danno che sono sopravvenuti nella vita, nella storia da quando sono diventate nuove, si sono evolute. Non ha accettato che si finisse con i valori della tradizione, quelli dell’anima, dello spirito, non ha smesso di pensare ad un loro recupero, ad una loro riabilitazione, non si è arresa al nemico. Ha difeso le categorie più esposte ai pericoli, quella delle donne è stata la sua preferita. Ha evidenziato le loro qualità, le loro capacità, ha inteso riscattarle da quanto era stato loro negato o non ancora riconosciuto. È diventato un altro dei suoi motivi ricorrenti, le ha ispirato la lunga e difficile operazione contenuta in Un’ultima cosa. Qui di molte donne dei tempi appena trascorsi ha ricostruito la vita, la figura, l’opera. Erano state francesi, inglesi, americane, italiane e di altra nazionalità. I loro casi erano già passati, di alcune era rimasto ben poco anche nel ricordo di chi, vicino ai loro luoghi di origine, ne aveva sentito parlare. Questo non ha scoraggiato la De Gregorio, avrebbe affrontato ogni difficoltà pur di ricucire la storia di tutte, di sapere quanto avevano fatto, quanto era loro successo. A muoverla è stato il bisogno di mostrare come ognuna di quelle donne a suo modo avesse tentato strade sconosciute, si fosse proposta obiettivi insoliti per i suoi tempi. Erano stati di carattere culturale, civile, sociale, avevano riguardato il pensiero, l’azione, avevano dato luogo ad opere di scrittura o di altro genere. Di tutto questo verrà a conoscenza la De Gregorio e ne offrirà testimonianza nel suo libro. Di ogni donna dopo una nota biografica riporterà una lunga dichiarazione personale, una confessione dalla quale sarà possibile dedurre i suoi propositi, i suoi problemi. Questi erano venuti dalla famiglia o dal contesto. Erano state coraggiose, avevano lottato, molte avevano vinto, alcune avevano perso ma era valso lo spirito che le aveva animate e sorrette fino all’ultimo, l’ardire che avevano mostrato di fronte alle avversità. Era il secolo scorso, erano tempi difficili specie per donne che volessero dire o fare cose diverse dalle solite. Si erano sacrificate, erano state esempi unici di forza, di resistenza. Che la De Gregorio abbia ammirato quelle donne, che le abbia resuscitate e fatte valere, prova quanto vicina si sia sentita, quanto uguale al loro abbia considerato il suo spirito, quanto importante sia stato per lei scoprire donne che l’avevano preceduta.