di Antonio Stanca –

È nato a Roma nel 1979, Massimo Bisotti ha quarant’anni, ha studiato Lettere e molte altre cose, barman, operatore call center, assistente di ambulatorio, ha fatto prima di cominciare a scrivere. Molte ferite voleva curare con la scrittura, molti vuoti voleva colmare. Continuo, interminabile è, infatti, nelle sue opere il richiamo alle ragioni dell’anima, ai valori dello spirito. È come se lo scrittore volesse evidenziarli, farli emergere ad ogni costo, come se ogni circostanza fosse idonea a contenerli, come se ogni persona fosse capace di sentirli, di parlarne. Gli sono mancati e adesso non finisce mai di cercarli. Sono diventati oggetto di perenne osservazione, di continua discussione, una presenza ossessiva e tanto da far sfociare i suoi romanzinel cerebralismo, nell’intellettualismo, da ridurre gli aspetti sentimentali, emotivi, fantastici che sono propri diuna narrazione. Se tutti i personaggi di un romanzo, ovunque si trovino, qualunque cosa facciano, sono alla ricerca dei significati della vita, se tutti vogliono spiegarsi tutto quanto la compone si fa opera di filosofia, di psicologia, di sociologia non di narrativa. Le ragioni della mente, la logica è importante pure in letteratura ma non deve diventarlo tanto da oscurarel’invenzione, la creazione. 

Questo succede in particolare nel romanzo Il quadro mai dipinto, pubblicato dal Bisotti nel 2014 e nel 2018 ristampato da Mondadori nella collana “Oscar Absolute”. Come i precedenti suoi romanzi anche questo ha riscosso un notevole successo nonostante i problemi dei quali soffre la sua scrittura. Molto probabilmente non per problemi vengono intesi ma per novità, per originalità e trascurate vengono pure le difficoltà che essi comportano per la comprensione del testo. A volte in Bisotti non si capisce chi stia parlando tanto uguale è il tono, tanto ripetuto il tema da parte di ognuno dei personaggi di una sua opera.

In Il quadro mai dipinto il giovane pittore Patrick è stato lasciato a Roma dalla bellissima Raquel, che non sopportava di essere da lui trascurata a causa dei suoi interessi artistici. Se n’è andata a Venezia da suo padre, Miguel, e dai suoi fratelli,Vince ed Enrique. La madre, separata, vive a Santiago del Cile. Anche Vince vive separato dalla giovane moglie Vivien ed ora che pure Patrick è stato lasciato da Raquel sono tutti separati, hanno tutti finito con quel rapporto d’amore che li teneva uniti ad una donna, pensano tutti a come ritrovare, recuperare quanto perduto. Ognuno ha da dire ad ogni altro, ognuno ha da ragionare, da discutere con ogni altro e quell’amore da tutti cercato si trasforma nel loro pensiero unico, inalterabile, assoluto, nell’argomento di interminabili, incalcolabili ragionamenti, diripetute disquisizioni, di estenuanti osservazioni, riflessioni, considerazioni.

Patrick lascerà Roma per Venezia, ritroverà Raquel, penserà d’iniziare una nuova vita, si proporrà di dividere il suo tempo tra la sua donna e la sua arte. Anche Vince ritornerà con Vivien ma oltre a queste situazioni che rappresenteranno la conclusione del romanzo non ci saranno in esso altri sviluppi. La sua è una trama che non procede, non promuove situazioni nuove, diverse poiché manca il movimento, l’azione, poiché più di tutto si pensa, si parla. Pochissimi sono pure i protagonisti, tra loro parlano e di loro dicono, di cosa credono, di cosa vogliono, di cosa soffrono, di cosa sperano.Non vissuta è l’opera ma ragionata, discussa. Si vorranno trovare le spiegazioni, le motivazioni di tutto quanto avviene all’interno di ognuna di quellepersone, di tutte le loro ragioni e questesaranno esposte dallo scrittore in un modo che per voler essere autentico non facilita la comprensione.

Non chiara, non scorrevole è la scrittura del Bisotti, non è lavorata in modo da lievitare, da diventare leggera, da sollevarsi sulla materia.

Antonio Stanca