di Marcello Buttazzo –

Martedì 2 agosto 2022, presso la Biblioteca Bernardini di Lecce, s’è svolta la presentazione in forma di reading di “Stanza d’anima”, nuova creatura della poetessa Maria Grazia Palazzo, nata in Valle d’Itria, residente a Monopoli. Ho avuto il piacere e la gioia infinita di conoscere questa donna straordinaria dagli innumerevoli talenti qualche anno fa, presso il Fondo Verri di Lecce, casa della poesia. Ricordo che il mio editore, Stefano Donno, mi invitò alla presentazione del libro “Andromeda”, edito dai Quaderni del Bardo. Con il mio inseparabile amico Giuseppe Fioschi partecipai, quella sera, alla lettura presentazione del libro di Maria Grazia. Mi colpì la dolcezza nei suoi occhi di luce, la pacatezza dell’esposizione, la sua cultura vastissima. La benevolenza, l’accoglienza, la gentilezza sono doti inerenti d’una donna che scrive versi eleganti, ricercati nel ritmo, anche impegnativi, che rimandano talvolta al mito; epperò fortemente calati nella realtà, nella quotidianità. La scrittura di Palazzo è la testimonianza che il poeta è, forse, l’esemplare di Homo sapiens sapiens che soffre, gioisce, ma mai si rassegna. Il poeta percepisce le storture di questa società posttecnologica e le denuncia con lucidità, con umanità. La scrittura di Palazzo è la prova certificata che il poeta ha un animo bipolare, quantomeno nell’accezione di cantore d’amore e cantore dell’impegno civile. Una nota paradigmatica e caratteristica della poetica di Maria Grazia che notai molto marcata nella raccolta “Andromeda” è la postura al femminile. In “Andromeda”, l’Autrice con un urlo lirico sollecita le donne di tutte le epoche a non aver paura della sofferenza, del male sospeso e imprigionato. Lei invoglia la donna ad andare incontro alla liberazione, esorta il femminile all’avvento d’una inedita creazione di Adamo ed Eva. Senza incitare al conflitto, Maria Grazia, in “Andromeda”, insiste affinché maschile e femminile si abbraccino e si prendano per mano. Non mi stupisce, pertanto, che l’Autrice abbia deciso di far uscire questa sua ultima opera, “Stanza d’anima”, per Collettiva Edizioni Indipendenti. Collettiva è un progetto editoriale curato da donne con una cultura morbida, flessibile, che sanno vezzeggiare il femminile e valorizzare il maschile. Prima di questo ultimo scritto, Maria Grazia ha pubblicato, nel 2020, per “La Vita Felice” di Milano, “Toto corde”, un libro di poesie che ho amato moltissimo. In apertura, c’è un’opera immaginifica “Albero di primavera” del figlio Amit. La poesia di Maria Grazia è alta, potente, affonda scaturigini nella formazione classica dell’Autrice, ma è aperta all’ordinarietà. Io e Giuseppe siamo partiti da Lequile per andare a trovare, presso la Biblioteca Bernardini, le nostre amiche e i nostri amici. Siamo giunti a Lecce in anticipo. Seduti al tavolino del bar abbiamo visto avvicinarsi Elio Coriano e Stella Grande. Elio, tra l’altro, ha redatto una splendida nota per “Stanza d’anima”. Io, Giuseppe, Elio e Stella, al tavolino, abbiamo discusso di caduta e di risalita, di rinascita, di riscatto umano. Nello spazio accogliente della Biblioteca, ho veduto tante persone care: Maria Grazia Palazzo, Simona Cleopazzo, Stefania Zecca, Gianfranca Fanciano, Amleto Sozzo, Giuseppe Zilli, Simone Franco, Mauro Marino, Giuliana Coppola, Stefano Donno, oltre ad Elio, Stella e Giuseppe. L’artista Simone Franco ha declamato 10 poesie dell’autrice con la sua voce inconfondibile, modulata su creste intriganti, secondo una sorta di monologo sonoro. Simone era accompagnato dai suoni dell’artista Andrea Lovo. Il dialogo fra Simona Cleopazzo, curatrice con Stefania Zecca della collana prose minime di Collettiva, e la poetessa Palazzo è stato interessante, ricco di spunti, catalizzatore di riflessioni. Maria Grazia e Simona hanno incentrato l’incontro su alcuni aspetti particolari. S’è convenuto che “Stanza d’anima” sia una lente di ingrandimento per recuperare segni e suoni che ci possono far riconnettere all’umano. Verosimilmente, la stanza per antonomasia di ciascuno di noi è la stanza di casa, il cantuccio intimo, il buon ritiro dove meditare e coltivare il silenzio, quanto mai necessario in quest’era di fastidiosi fragori. S’è parlato della funzione inerente della poesia. La poesia può avere un vasto ventaglio di valenze. Per Maria Grazia, la poesia, più che consolatoria, è un rapporto erotico con la realtà. Soprattutto la poesia ha bisogno del mondo, di uscire dalle sedi deputate, dalle accademie, fluendo fra la gente. La poesia, come intendeva anche Pablo Neruda, deve essere il pane cereale di tutti, buono per nutrire la gente. Non è un caso, nella fattispecie, che Mauro Marino, nella parte finalissima dell’incontro, abbia chiesto a Simone Franco di leggere la prima poesia della silloge “Stanza d’anima”, dedicata ad Antonio Verri. Maria Grazia e Simona hanno affrontato anche un tema caro all’Autrice: l’esigenza primaria di uscire fuori dal solipsismo, dell’io egocentrico, cercando di stimolare il noi. Un termine che ricorre sovente nella raccolta è corda. La corda è quella dell’equilibrista, di chi per le centomila evenienze dell’esistenza si mantiene sospeso nel vuoto, rischiando magari di cadere rovinosamente. In questi ultimi due anni, colpiti duramente da una pandemia mondiale, siamo stati recisamente sballottolati, vittime dell’incertezza. Ho fatto conoscenza, inoltre, con la scrittrice padovana Elianda Cazzorla, nata a Monopoli. La serata s’è chiusa, seraficamente. Rientrando in macchina con Giuseppe, sulla strada Lecce- San Pietro in Lama, una falce di luna ci ha mostrato la via del buon ritorno.

Marcello Buttazzo