di Marcello Buttazzo –

In Ucraina, bombe russe sui mercati, sugli ospedali, sugli asili, sulle case dei civili. In Ucraina, fosse comuni, uomini e donne fatte a pezzi. In Ucraina, arti mutilati d’un bimbo, l’insania feroce d’una guerra pianificata dai potenti della terra. Uomini umiliati e sporcati dalla mano ferina di altri uomini. Un cielo immenso piange tutte le macerie del mondo. E un angelo dell’impossibile indora di grano, di pane cereale, i banchetti clandestini dei fuggiaschi nelle cantine, nei sotterranei. Vorremmo tanto che i potenti della terra rinsavissero, ripudiassero ferro e fuoco e piantassero alberi piccini. Dovrà, un giorno, levarsi alto il grido degli ultimi, come un ammonimento, come un monito. Il cantico della vita. E l’esistenza ha bisogno di uscire all’aperto, di andare fra la gente. L’arte deve avere una funzione salvifica. Lo sa bene Anton Ovchinnikov, coreografo, performer, poeta, organizzatore di Zelyonka Space UP, uno dei festival di danza più importanti dell’Ucraina. Attualmente è in Lituania. Da Kiev, dove e nato manca da luglio, ma tornerà in patria tra qualche settimana. Sostiene Ovchinnikov. “Solo la poesia e l’arte possono riuscire a salvare la nostra umanità. Per questo scrivo”. In effetti, scrivere in un teatro di guerra può servire a resistere, a sentirsi ancora vivi spiritualmente, a restare umani. Al cospetto d’una guerra feroce e assurda, al cospetto d’una aggressione feroce scatenata da Putin, l’obiettivo primario è saper preservare la propria umanità. Gli Ucraini, di fronte a crimini commessi dai soldati russi, provano legittimamente odio e rabbia distruttiva. La poesia, che ha tante funzioni, può giovare, nella fattispecie, a conservare un barlume di umanità. Sia per chi scrive versi, sia per chi li legge.

Marcello Buttazzo