di Marcello Buttazzo

Nell’era sovranista, non è lecito disturbare i guidatori. Alla conferenza stampa del 69esimo Festival di Sanremo, Claudio Baglioni ha espresso la sua visione antropologica e popolazionistica, scatenando l’ira dei leghisti. Il direttore artistico delle kermesse alla Città dei fiori ha fornito una lettura lucida e razionale dell’attuale momento storico: “Ci sono milioni di persone in movimento, non si può pensare di risolvere il problema evitando lo sbarco di 40-50 persone, siamo alla farsa”. E giustamente il cantautore romano ha sostenuto che le misure prese dall’attuale governo, come da quelli precedenti, non siano all’altezza della situazione. Ma, si sa, il dissenso al pensiero unico dominante non piace a Matteo padano. Sui social, il ministro dell’Interno ha scritto: “Baglioni? Canta che ti passa, lascia che di sicurezza, immigrazione e terrorismo si occupi chi ha il diritto e il dovere di farlo”. Però, in una società articolata, plurale e comunitaria, tutti abbiamo il diritto di esprimere il nostro parere, di partecipare alla edificazione del bene comune. Senza dimenticare che Baglioni, dal 2003 al 2012, a Lampedusa, ha organizzato il festival multietnico “O’ Scià”. Sa di cosa parla. Secondo il “sublime” intendimento di Salvini e dei leghisti, Baglioni dovrebbe solo cantare e discettare di musica. Di immigrazione tanto s’intendono loro. Dovrebbero sapere, i leghisti, che in musica si può mandare a quel paese anche il pensiero dominante. 

Marcello Buttazzo