di Marcello Buttazzo –

Quando l’indigenza si fa sentire e stringe le sue fauci raggelanti con morsa ferrea e mortifera sulla gente, sui dimenticati di qualsivoglia gruppo etnico, i veri eroi della quotidianità, dell’ordinarietà, si danno da fare, anche con modesti strumenti a disposizione, mettono in gioco se stessi. I veri eroi del bene comune non sono, ovviamente, tanti politici che declamano stancamente (sovente naufragando) in prima e seconda serata nei salotti televisivi, in nome d’una stantia e ridondante retorica. Gli eroi più amati sono sempre persone modeste, umili.

Il 91enne Dino Impagliazzo, chef dei poveri, è deceduto a Roma, dopo una vita intera dedicata agli ultimi della terra. Con la moglie Fernanda, l’uomo s’adoperava per alleviare le pene di clochard, di persone sole, di senzatetto. Dino e la moglie Fernanda preparavano pasti caldi per quasi 300 persone ogni giorno: italiani e stranieri alla deriva, che si trovano soprattutto nei pressi delle stazioni romane. L’anno scorso, il presidente Mattarella gli consegnò l’Onorificenza al Merito della Repubblica Italiana. Ai riflettori, Dino Impagliazzo preferiva i più deboli.
Faceva parte della Comunità di Sant’Egidio, presieduta dal figlio Marco. Dino aveva fondato, tra l’altro, l’Associazione “RomAmor oulus”, che presiedeva, e che cura i diseredati della Capitale. Soprattutto, Dino Impagliazzo non faceva alcuna distinzione fra esseri umani autoctoni e stranieri. Quando c’è in ballo la miseria, la formula fiacca e spossata “prima gli italiani”, non ha alcun valore, non vale un soldo bucato.

Marcello Buttazzo