di Marcello Buttazzo –

Salvatore Mazza è un fine ed elegante giornalista dell’”Avvenire”. A un certo punto del suo cammino ha incontrato la malattia, la Sla, degenerazione progressiva; che, tuttavia, non gli impedisce di coltivare il giardino virente delle sue passioni: lo studio, la lettura, la scrittura. Mazza cura una rubrica sul quotidiano di ispirazione cattolica dal titolo “Slalom”, caratterizzata dalla ricchezza di sentimenti e dalla prorompente umanità. Sull’”Avvenire” di giovedì 20 gennaio 2022, Salvatore lamenta che, a causa delle sue condizioni di salute, non può più leggere libri di carta, infinito piacere che gli manca. La perniciosa e insidiosa Sclerosi laterale amiotrofica non gli permette di tenere più un libro in mano, né di sollevarlo, né di sfogliarlo. Ha provato con gli audiolibri e con gli ebook; purtuttavia, non riesce a trovare la stessa gioia e poesia dell’avere la carta in mano, toccarla, sentire l’odore dell’inchiostro. Salvatore, che è un rinomato intellettuale, amava un tempo leggere e rileggere avidamente i romanzi, i grandi classici, le raccolte poetiche (che sono il suo genere preferito).

Ha pienamente ragione. Un libro cartaceo ha un suo fascino inerente, una sua geografia di intendimenti, una grammatica di parole, una sua topografia usuale e specifica, che ti dà ad esempio la possibilità di dare sfogo alla capacità di “fotografare” mnemonicamente una determinata pagina. Leggo da un po’ di tempo le rubriche di Salvatore Mazza. Mi coinvolge sempre la sua straordinaria empatia, la sua bellezza umana. Al suo amico Vincenzo, malato anch’esso di Sla, che lo ha conosciuto su Facebook, ha dato una serie di graditi consigli.

Vorrei riportare qualche passo da un articolo di Salvatore Mazza, apparso giovedì 2 dicembre 2021 sull’”Avvenire”. “Una cosa, credo positiva, che ho realizzato in quasi 5 anni di malattia è che non ho mai avuto invidia per nessuno. Mai, davvero. Neppure quelle piccole invidie adolescenziali, né quelle adulte, rancorose, perché qualcuno è stato più fortunato di me, ha i soldi, ha avuto successo. Non serbo rancore verso quegli amici – pochissimi, per fortuna – che i sono dileguati all’arrivo della malattia, o che mi hanno fatto del male. Mi addolora pensare a loro, ma non provo rancore. Non sono un tipo arrendevole, tutt’altro. E neppure uno che si rassegna facilmente, o che non lotta. Anche oggi, che sto come sto (e qualche giustificazione ce l’avrei), non mi sono mai ritrovato a pensare “beato te che puoi camminare, muoverti, parlare, respirare, mangiare. Sono fatto così, e questo è quanto. Ma non mi cambierei con nessun altro. Mi sto bene così”. La malattia si può vivere con fiera dignità, pienamente consapevoli che essa fa parte della vita umana. Sono lieto di essermi, in questi mesi, delicatamente avvicinato al variegato universo di Salvatore Mazza, tramite il quotidiano della Conferenza episcopale italiana. E ora gli chiedo l’amicizia su Facebook.

Marcello Buttazzo