La fine di uno spazio politico (bene) comune a Lecce
di Silverio Tomeo
Fui tra quanti proposero il nome Lecce Bene Comune per l’associazione e la lista, e non certo per il concetto cattolico agostiniano di bonumcommune né per la deformazione ironica di “Lecce perBene al Comune”: il perbenismo piccolo-borghese e l’aristocraticismo verso il sociale non sono i miei ideali, e neppure il radicalismo parolaio sempre di estrazione ideologica piccolo-borghese lo è. Sono classicamente due tendenze che si alimentano a vicenda e vanno entrambe subalterne poi ad altri richiami. Oggi Renzi e Grilllo aspettano la ricaduta qualunquistica e populista di queste due tendenze, e ne faranno bottino. Non pretendo che siano in molti a studiarsi il dibattito teorico-politico odierno, ad aver studiato in particolare la questione dei commons, cioè dei “beni comuni”. La riproposizione cocciuta e deculturalizzata di pubblico e privato (città pubblica versus città privata) è fuori tempo massimo. Sia il pubblico che il privato sono riconducibili alla leva dello Stato e sono entrambi costituzionalizzati. Ma la questione dei commons, oggi come oggi, è addirittura inutile richiamarla. Nel febbraio del 2012 scrivevo questo per la mia isola natìa: http://www.ponzaracconta.it/2012/02/27/lisola-dei-beni-comuni/
Chi voglia approfondire la tematica, senza accontentarsi di averla orecchiata, può andare a leggersi, attingendo anche alla ricca bibliografia, i due libri di Ugo Mattei sulla questione: Beni comuni. Un manifesto (Laterza, 2011) e Il benicomunismo e i suoi nemici (Einaudi, 2015).
Detto ciò ritorniamo su Lecce. Il futuro, anche prossimo, il “basso futuro” della letteratura cyberpunk, è per definizione una combinatoria complessa di possibilità attraversata dall’imponderabile. Magari tra qualche mese scoppia una questione di rilevanza pubblica e penale sul voto di scambio che ha portato al governo della città questa accozzaglia di malmessa classe politica fittiana cittadina, erede del blocco urbano del secondo dopoguerra. Magari emergerà una figura notevole per competenza ed onestà, progettualità e forza operativa, sostenuta da un movimento urbano degno di questo nome. Per adesso non se ne vede traccia all’orizzonte e volersi ostinare a ricostruire un centrosinistra farlocco con questo PD cittadino è tempo perso. Immaginare un centrosinistra cittadino fondato programmaticamente e realmente competitivo con le destre e i nuovi populismi oggi è possibile solo con l’abuso di sostanze psicotrope. Se le forze allora convergenti su L’Altra Europa per Tsipras avessero unità e coraggio si ripartirebbe in città da un 5,5% su una base auto-fondata ed autonoma culturalmente e politicamente. I 5stelle presero un inquietante 23,9%. Il PD un immeritato 37,6%, senza bisogno di fare alcuna campagna elettorale. Naturalmente anche i dati più recenti relativi alla città alle regionali vanno considerati.Non si vota solo per una rappresentanza ma anche per un governo della città, ma se è certo che al governo ci riandranno i fittiani meglio votare una propria rappresentanza di opposizione, che abbia accesso agli atti e sia in grado di fare campagne legate ai movimenti reali. Il principio di realtà così come sconsiglia derive ultra-minoritarie, sconsiglia anche derive di accodamento subalterno al PD di Renzi e di Emiliano, che probabilmente non sono la stessa cosa. La anomalia equivoca del senatore Stefàno è destinata ad esaurirsi presto al di fuori del ciclo vendoliano, ormai ultimato, nel bene e nel male. Il politicismo non paga e non serve.
Per una storia elettorale a Lecce dal secondo dopoguerra si puo’ leggere: http://www.regione.toscana.it/documents/10180/452241/una%20citta%20-%20Q44/23cfa335-0da0-4cf8-b831-2527f9ef63e4 e http://www.generazioni.net/dopoguerra-lecce-%C3%A8-monarchica
A Lecce il MSI arrivò ad essere il secondo partito e poi stabilmente il terzo partito.
Lecce Bene Comune ebbe tre-quattro fonti: quello che rimaneva di Rifondazione, il poco di SEL annacquato dai seguaci di Dario Stefàno, ed un movimento civico urbano di società civile. Entrambi gli eletti erano nell’orbita di Stefàno. Uno dei due partecipava in passato con Sfefàno alle elezioni provinciali con l’ambiguo movimento della Poli Bortone. Nessuno lo ha mai visto impegnato in una campagna o prendersi cura di una questione cittadina, né ha mai letto una sua intervista o dichiarazione-stampa.
Del resto lo stesso Stefàno (ora sensibile alle sirene renziane) mi dicono che da giovane era del movimento giovanile del MSI, poi democristiano, poi imprenditore dall’ignota accumulazione originaria, quindi centrista sostenitore della Poli Bortone alle ultime elezioni provinciali. Sarà stato anche un bravo assessore regionale di Vendola (cosa tutta da dimostrare), ma fuori da quel ciclo regredisce alla sua cultura politica moderata, centrista e ambiguamente pragmatica. Ecco che anche l’ex senatore Giovanni Pellegrino lo sostenne pubblicamente alle inutili e deprimenti primarie del centrosinistra regionale. Nulla di cui stupirsi, se non che SEL salentina sia stata fagocitata dai bisogni e dalle velleità di questo senatoresui generis. Per dimostrare che l’uno si divide in due (presunta legge dialettica secondo lo stesso marxismo dogmatico), l’ un per cento dell’ Altra Pugliaoggi si divide e condivide in una Rete dei conflitti a sfondo movimentista e conflittuale (sostanzialmente sindacati di base e movimenti irrazionalistici come quello della difesa degli ulivi) e un’ala politologica con il mantenimento del nome per un’associazione politica regionale. Nulla che avremo da ricordare tra un paio di mesi.
La scissione dell’atomo non appassiona più nessuno. In questo panorama desolante si colloca l’agonia e la fine (in attesa del certificato di morte) di Lecce Bene Comune. Per cui il bravo onesto e competente Carlo Salvemini non sa più che fare da grande, e non sono bastate queste sue virtù ad evitare che questo spazio politico comune si riducesse a una specie di Frigole Bene Comune, con un’unica campagna, peraltro irrisolta, in piedi. Ricordo anche l’ understatement penoso con il farlocco dossier per Lecce capitale europea della cultura. Se poi di tutto il resto non vi è traccia nella mia memoria, figurarsi in quella della massa e dell’uomo della strada. È stato bello, ma per carità, se ne siamo capaci, gestiamo un dibattito serio e la chiudiamo lì. Ogni fine è un nuovo inizio. Negare l’anomalia leccese non è indice di grande comprensione politica. Non comprendere che solo fratture serie generate da campagne, lotte e partecipazione potranno scalfire il blocco urbano (terminologia gramsciana, per chi ama aprire qualche libro a tempo perso). Occupiamoci tutti piuttosto, e da adesso, di Lecce Male (essere) Comune, che è meglio ed alla lunga più produttivo.
Silverio Tomeo
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.