di Marcello Buttazzo

L’estate si perde nei solchi della memoria. Alba d’improvviso chiara levata. Correvo con te per le strade del mondo. Un amore rosso rosso, di lascivia e di melagrana insanguinata, che mi sapeva svelare i segreti del cosmo.  Un amore di viole e fiori di campo, che sapeva scavare nella roccia senza fondo. Ma l’estate è solo un ricordo, una fanciulla di miele oggi impallidita all’apparire del giorno. Il tempo inesorabilmente passa, misura le sue clessidre di giallo oro, come forbice taglia momenti e ricuce immagini nuove. Il tempo vola. Vorrei sciogliere le trecce d’un dolore e contare gli istanti che mi separano dal mondo. Vorrei uscire per strada, gridare al vento la mia inesausta voglia di sole. Ma il respiro mi manca. Cosa naviga nel tuo mare? Cosa s’agita nei porti accoglienti dei cieli estivi? Ciò che fu non si può cancellare. Il passato è un bimbo che piange, per nostra eterna dannazione. Ridestarsi oggi di leggiadre parole, accendersi d’un viso, di due occhi come lampioni di mare, è un’abitudine usuale per noi inguaribili vagabondi. Per noi, anime erranti, che vagolano come la luna, stremate. Dolce matrona dai seni di pesca, sabbie bagnate. Il giorno che passa porta con sé vestigia di te e la gola secca d’amore. Negli occhi, l’impronta del tuo corpo soave, assiso con gioia. Negli occhi, un profumo, un ricordo, piccole tracce da masticare per fare a pezzi la noia. Il tempo, ragazzo di cuore di ali, ragazzo chiazzato di sogno. Quella carezza sospesa, che non mi desti. Quella carezza leggera, che era intricato groviglio di mani. Mai più verrai alla mia dimora. Mai più porterai amore e rose e quel fruscio di stelle silenziose. L’amore bello è luccicore, terra riarsa, stagione viva. L’amore bello è eterno presente, fanciulla d’oro e d’argento, fanciulla arroventata di baci. Ma l’amore è tormento, l’amore è dolore. Affaticato cuore strozzato di suoni ritorna ancora su un arenile infuocato. Vieni alle calde promesse d’un cielo serale. Vieni alle frenetiche rincorse d’una aurora stellare. Ritorna cuore, in un vortice di giorni delusi, lacerati, fai girare il mondo. Terra di tabacco, di mani, di occhi. Terra d’un dio di fuoco, d’ardore, di meraviglia, per noi corridori, corridori del sogno. E sempre nella testa, una voce calma, vellutata, flemmatica, a carezzarmi piano. Cosa c’era sul quel tuo labbro adorabile se non l’essenza d’un imperituro incantesimo? Cosa si muoveva dentro di te se non un fiume di promesse? Ad una stazione di spenta solitudine mi fermo a scrutare l’ingannevole giostra degli incanti. Mai più verrai. Mai più verrai alla mia dimora, donna che non esisti.

Marcello Buttazzo