di Marcello Buttazzo –

Il ddl Scalfarotto contro l’omofobia, approvato alla Camera nel settembre 2013, per anni s’è arenato nelle secche del Senato, per l’ostruzionismo sfacciato del Ncd di Alfano e dell’ampio e inossidabile schieramento cattolico trasversale. Già anni prima, il cosiddetto Popolo delle libertà, l’Udc di Buttiglione, l’inverosimile Binetti ed altri bocciarono la proposta dell’onorevole Anna Paola Concia contro l’omofobia. Su “L’Avvenire”, sovente, ancora oggi, esponenti del Movimento per la Vita, Giuristi per la Vita, membri delle alte gerarchie cattoliche perseverano nella loro aspra battaglia di chiusura e di venato fondamentalismo. I rappresentanti delle istituzioni hanno cercato, a più riprese, timidamente e blandamente, di sanare un vulnus democratico, che ci vede per arretratezza agli ultimi posti in Europa.

La difficile strada dei diritti è notoriamente lastricata di buone intenzioni, ma all’atto pratico la classe politica parlamentare si perde in un deserto di ipocrisie, di meschinità scritte a caratteri indelebili. La cronaca dei giornali, però, è impietosa. In Italia, si succedono le violenze di vario tipo contro i cittadini omosessuali e transessuali, pesantemente offesi, ordinariamente vilipesi, minacciati, aggrediti fisicamente. Aspetti decisamente odiosi e intollerabili, perché cittadini d’un Paese libero vengono oltraggiati nel profondo.

La parte vitale della gente prova disgusto nell’osservare certe sciagurate discriminazioni; parimenti, una parte significativa di italiani potrà nutrire una sincera disaffezione e disistima nei confronti di certa classe politica persa nei palazzi del potere, incapace di salvaguardare le minoranze, inabile a riconoscere sacrosanti diritti. Quante volte abbiamo sentito il filosofo salentino Rocco Buttiglione ripetere: “Nessuno può dire che in Italia ci sia una discriminazione contro gli omosessuali”. Perché quindi redigere una legge bipartisan contro certe squallide violazioni e reiterate efferatezze, quando tutto procede bene, nella più perfetta calma e piattezza buttiglioniana? È evidente, invece, che uno Stato laico e liberale debba prevedere per la comunità Lgbt un sistema esteso di garanzie. Ovviamente, non si può risolvere l’emergenza discriminazione solo serrando le maglie, solo allargando il cerchio degli interventi di ordine pubblico, solo rafforzando le politiche di carattere securitario. Checché ne pensino la neuropsichiatra Binetti e tutto l’ampio partitone trasversale della vita (?), una legge contro l’omofobia, contro la transfobia, serve da subito, dal momento che lo Stato deve assicurare a tutti i cittadini ampi gradi di libertà e di sicurezza. Certo, non basta inasprire le pene contro i vigliacchi, contro i meschini da branco: occorre far veicolare una nuova cultura dell’accoglienza, del rispetto.
Una cultura plurale incentrata sul valore inerente della diversità, che è sempre bellezza, lampo. Siamo davvero tutti eguali e, al contempo, diversi. Tutti dovremmo avere la possibilità di uscire allo scoperto. Siamo cittadini appartenenti ad una multiforme umanità, che esige pubblici riconoscimenti. Essere liberi, in nome d’un civile decoro. Il nostro Parlamento non dovrebbe, forse, obbedire ad un superiore dovere etico? Quello, cioè, di dimostrare con i fatti che il sacro principio di cittadinanza non debba essere solo un’astrazione filosofica, ma una necessità inalienabile e insopprimibile.

Marcello Buttazzo