di Antonio Stanca –

È in corso di pubblicazione, per conto di Bompiani, La storia della Terra di Mezzo, un ciclo di romanzi del noto scrittore inglese John Ronald Reuel Tolkien. Era stato preparato da Christopher Tolkien, terzo dei quattro figli dell’autore, morto nel 2020. Anche altre opere aveva curato Christopher, molto si era applicato nel recupero, nella ricostruzione, nella trascrizione di quanto del padre era rimasto frammentario o incompiuto o non pubblicato. In questo momento di rinato interesse per lo scrittore si colloca pure la ristampa del racconto Il cacciatore di draghi comparsa quest’anno ancora presso Bompiani nella serie “Tascabili”. Le illustrazioni sono di Pauline Baynes, la traduzione di Isabella Murro. Ricca di introduzione, prefazione, note, bibliografia è la pubblicazione, di tutto quanto intorno all’opera era avvenuto nei lontani anni ‘40 fa sapere grazie agli interventi di noti studiosi. 

Tolkien era nato nel 1892 a Bloemfontein, Orange, in Sudafrica da genitori inglesi provenienti da Birmingham. Qui la famiglia era rientrata per poi spostarsi in altre zone dell’Inghilterra. Dai racconti della madre sarebbe venuta a Ronald la passione per la storia antica, le vicende fantastiche, le favole, da un religioso, suo precettore, quella per la religione cristiana e le lingue, le culture della vecchia Europa settentrionale. Compie, quindi, gli studi superiori, poi quelli universitari in uno dei tre College dell’Università di Oxford, si laurea nel 1915. Si sposa l’anno successivo, poi si arruola e prende parte alla prima guerra mondiale. Ammalatosi al fronte viene rimandato a casa. È il 1917, nasce il primo figlio. Tolkien non ha ancora una sicurezza, un’indipendenza economica, difficile gli è la vita, si applica in diversi modi, tra l’altro entra a far parte della redazione dell’Oxford English Dictionnary, s’impegna presso centri di studio, svolge ricerche in ambito storico, linguistico, filologico. Viene, infine, incaricato per la cattedra di Letteratura Anglosassone presso l’Università di Leeds e poi per quella di Lingua e Letteratura Inglese presso l’Università di Oxford. Vi rimane dal 1928 al 1959 e molti sono gli studi che compie e pubblica sulla letteratura, la lingua del Medioevo nordico. L’attività accademica non impedisce quella narrativa che ha inizio intorno al 1937 col romanzo Lo Hobbit e continua con la trilogia de Il Signore degli Anelli (1954-1955), immensa saga che risale alla vita, alla storia dell’antica Europa. Insieme a Silmarillion, pubblicata postuma nel 1977, sono le sue opere più note ma di molte altre Tolkien sarebbe stato l’autore. Anche nella narrativa si sarebbe sentito mosso da quello spirito di ricercatore, linguista, filologo che lo animava nell’attività di studioso, di docente. Anche come scrittore non si sarebbe scostato dall’antichità anglosassone, celtica, germanica, islandese, gotica, dalla storia, la cultura, la vita, la lingua, i costumi, le credenze, le leggende, la mitologia, l’archeologia di quei tempi, di quei luoghi, di quelle genti. Abile si sarebbe mostrato nel coordinare, nelle sue narrazioni, tanti elementi, nel ricavare, inventare storie che li contenessero tutti, li facessero capaci di significati, valori validi anche per la vita moderna. Sempre, nel Tolkien scrittore, sarebbero risaltati principi di carattere morale, spirituale quali la condanna del male e di quanto lo può apportare a livello individuale o sociale, privato o pubblico. Le guerre, le devastazioni, l’offesa, la violenza sarebbero state sempre condannate, sempre si sarebbe potuta notare una tendenza religiosa, un’aspirazione ad evitare il male nonché una diffusa ammirazione per le virtù, le qualità più semplici dell’animo umano, quelle della partecipazione, della comprensione, della pazienza, dell’equilibrio, della diligenza. Tolkien scrittore rivisita il Medioevo per ottenere insegnamenti sempre utili, ne fa un motivo di riflessione, ne trae delle favole dove i contorni sono sempre indefiniti, dove a vincere è sempre il bene.

Anche ne Il cacciatore di draghi, comparso nel 1949 ma iniziato, ripreso, rifatto più volte negli anni precedenti e, come altri lavori, destinato ai ragazzi, si notano questi aspetti della sua narrativa. Anche qui il successo, il premio finale spetta al buono e saggio fattore Giles che, aiutato dalla fortuna, riesce a sconfiggere i nemici del suo villaggio, un gigante e un drago che devastavano le campagne intorno e seminavano morte e distruzione. Le qualità, le virtù di Giles non sono eccezionali, eroiche, ma quelle proprie dell’onesto e paziente uomo di campagna. Saranno tanto riconosciute da permettergli di diventare il re del posto e di allontanare per sempre le minacce che su di esso incombevano.

È un antico, incompiuto racconto medioevale dell’antica terra di Britannia quello che Tolkien dice di aver scoperto, completato e ordinato per questa narrazione. Lo dirà, lo farà altre volte per altri racconti e romanzi, è il suo modo di procedere. È quello che, insieme ai significati, ai propositi di edificazione morale affidati all’opera, gli ha procurato un successo immediato, lo ha fatto leggere, valere fino ai giorni nostri. Un fenomeno sociale è stata la sua narrativa, un evento storico ha rappresentato, una funzione religiosa ha assunto. Ha avuto traduzioni in molte lingue oltre che riduzioni teatrali, cinematografiche, televisive. Soprattutto i giovani vi hanno mostrato interesse.  Per il numero di copie vendute Il Signore degli Anelli è stato definito il “Libro del Millennio” ed inserito tra le opere più importanti del XX secolo. A Tolkien ha procurato il titolo del “novantaduesimo britannico più grande”. Anche poesie e poemi narrativi ha scritto, anche programmi culturali ha promosso e svolto.   

È morto a Bournemouth, Hampshire, nel 1973, aveva ottantuno anni e negli ultimi tempi si era dedicato a riprendere, ordinare, completare lavori precedenti o a produrne altri. Era stato aiutato dal figlio Christopher.

Un caso eccezionale è il suo: uno studioso di antichità diventa uno scrittore di antichità e tra i più letti e ammirati. Sembra non serva molto per ottenere tanto ed invece serve più del dovuto visto che unica è risultata la capacità del Tolkien a mettere insieme, comporre in una narrazione tanti elementi, di tanti generi, senza che ne risultasse ostacolata, impedita nel suo scorrere. Unico è stato ad ottenere significati così estesi pur muovendo da luoghi comuni, a fare arte di quelle che erano vecchie storie!

Antonio Stanca