di Maira Marzioni –

SUL FARE

Sarebbero due gli assessorati da istituire.

Uno tiene il tempo dei luoghi, i passi che i luoghi fanno, ne racconta la biografia in continua trasformazione in modo che niente si appoggi sopra e tutto possa evolvere in un movimento organico come fanno le piante. Occorre lo storico dei luoghi perché la cultura si innesti e non aggiunga panna montata all’esistente, che ne abbiamo fin troppa.

Poi un altro, poi occorrerebbe l’assessorato ai sensi. Due rami ci stanno sotto: i sensi del sensibile, pratiche continue di affinamento, perché è probabile che, sentendo, si possano evitare cose senza sentimento, agglomerati di eventi e orari senza carne; altro sottoramo sottosuolo: una mezza paginetta, obbligatoria, scritta da chi organizza le cose per spiegarle, dire perché, qual è lo scopo qui e altrove. Perché sarà obbligo per gli eventi costituire nodi lungimiranti, con una visione, che si innestano sul’esistente per sporgersi fuori.

Ecco il fare sarà così approvato da una comunità e sarà dato a tutti un potere piccolo di ascoltare e comprendere, almeno comprendere,  se non aderire o addirittura amare.

Nessuno vuole tarpare le ali ai geni delle arti pubbliche, solo si sottolinea che lì dove è pubblico è responsabile di uno stare, e come tale si incastra sulla materia su cui poggia, la guarda, la ascolta, la conosce, progetta. Altrimenti esistono comode stanze chiuse senza patrocini in cui si può liberamente creare, invitare gli amici, fare feste coi vicini, senza fare eventi, solo per stare insieme. In queste stanze 6×3 fa 18, qui l’assessorato è muto, vige solo lo sdrucciolo, il poroso, il fragile, l’amabile. Qui probabilmente abiterebbe la linfa, quella da far scorrere per alimentare l’arte delle strade nei luoghi, qui dovrebbe forse nascere il motivo, la ragione, la cadenza del passo, il ritmo da seguire.

Se tutto è evento si tace il vento.

MEZZA PAGINETTA

Inizio io, nella comunità chi propone, è chi fa il primo passo.

A Galatina c’è un luogo, è un circolo Arci, si chiama Eutopia. E’ un luogo fatto di persone, composto da diversi mondi che convivono insieme, è un luogo aperto e curioso, a volte non gradito al vicino Bruno, nonostante le torte. In questo luogo un po’ nascosto, come una grotta in fondo al vicolo quest’anno abbiamo cercato di costruire bellezza che si ascolta e si approccia senza consumo, lasciando aria intorno. Ci ha condotto l’entusiasmo, ci siamo fatti attraversare dalle idee che ci sembravano contenere anima.

Così abbiamo letto Pasolini e Szymborska. Siamo andate in trasferta a Nardò a leggere i sonetti di Shakespeare. Il 14 maggio abbiamo dato vita a una performance collettiva di 24 ore in cui abbiamo letto Bukowski. In questo caso Luciano Ravaioli, artista visuale, adottato da Galatina, ha composto, in contemporanea alle voci, con i segni e i colori, 24 quadri che sono stati donati ad ogni lettore, per la voce prestata. Alla fine eravamo commossi, è stato un rito collettivo, antintellettuale, ha partecipato anche chi ha portato la torta appena sfornata, il pranzo, la musica alle ore più impensate. Era tutto vivo, pure la notte mentre qualcuno leggeva e qualcun altro dormiva, era vivo il crepuscolo, è stata viva ogni parola che ciascuno ha letto per come è, per come vive, per come si trova nel mondo. Leggere le parole degli altri lo chiamiamo Manifesto Umano, e il piano è quinquennale.

Piano decennale per la Rassegna di Scritture Vive, quest’anno alla seconda edizione. L’abbiamo chiamata Qui Altrove, con l’idea che si possa coltivare il doppio sguardo, che la scrittura in sé è travaso continuo dentro fuori, vicino, lontano. Abbiamo ospitato autori e autrici che hanno portato le loro parole per viva voce. 13 appuntamenti da gennaio a maggio, con molti linguaggi attraversati: dalla pittura, al teatro, all’audiodocumentario, allo slam poetry,  film di carta, reading per voce sola e accompagnato da musiciste e musicisti. Abbiamo scovato le risorse interne e inaspettate, impasti di parole per necessità, rifiutando di rimacinare le solite pappe; non rincorriamo i nomi, ma l’essenza che uno ci mette dentro. Mentre un pubblico piccolo o grande ha ascoltato, con cura e curiosità, alcuni hanno solo attraversato. Riteniamo questa un’operazione di cultura stillata in forma di vapore acqueo, nessun masso sulla soglia, siamo aperti alle resurrezioni improvvise, partecipa tutto, puntiamo con fiducia ostinata pure sulla mezza frase, che può arrivare come viaggio alle orecchie di chi anche solo passa.

E poi il cinema guerriglia da guardare insieme il lunedì sera, quando fuori piove e una rassegna jazz, a febbraio, curata dalla violinista e compositrice Valentina Marra, per viaggi da fermi; durante tutto l’anno mostre alle pareti di fotografi, disegnatori, performers curate dallo sguardo curioso e scavatore di Evelina Nico.

Si può fare un laboratorio teatrale in uno spazio piccolo come quello, si può fare uno spettacolo finale nella grotta, in due repliche, con 40 spettatori alla seconda? Si se c’è abbastanza follia nell’aria. “No human being is illegal” lo abbiamo detto con la direzione registica, paziente e anomala di Agostino Aresu e Daniela Diurisi, portatori sani di amore, idee e palle strobo.

Ecco noi intendiamo proseguire così, come una comunità che intesse fili, che lascia la libertà alle cose di essere, creare contaminazioni, atti di salvezza diffusi, che possano essere forma e allo stesso tempo vento. Intendiamo alfabetizzarci il cuore e lo sguardo alle bellezze possibili dell’espressione, provare a vedere insieme. Caldi, accoglienti, poco allineati.

Non riusciamo a dire tutti i nomi perché sono tanti e perché i nomi di tutti si dicono quando lo spettacolo è finito, qua invece lo sguardo creatore ha un orizzonte che non abbisogna di nome, e la barca è sempre in costruzione, materia viva, come fa la vita.

Maira Marzioni