L’esisenza è stupore
di Marcello Buttazzo –
Il secolo passato e l’attuale hanno visto l’avanzata prepotente delle scienze, in specie della fisica e della biologia. In anni recentissimi, la mappatura del genoma umano ha incoraggiato prospettive promettenti e aperto porte inaspettate. L’umanità si arricchisce continuamente della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Purtuttavia, un approccio rigorosamente logico e meccanicistico, che spieghi e pieghi tutti gli accadimenti del vivere, non giova alla conoscenza. L’esistenza dell’homo sapiens sapiens non è solo rispetto intimo e fitto delle leggi della scienza. No, tutt’alto. L’esistenza è anche stupore, mistero, tensione metafisica, poesia. Secondo lo psicoterapeuta Claudio Risé, il “modello culturale” razionalista, dominante almeno negli ultimi cinquant’anni, ha fallito fragorosamente: quindi le persone ricominciano a sognare. È vero, i sogni sono liberi, si formano nel nostro intimo, navigano nel sommerso ed emergono in superficie. Essi sono intimamente intrecciati a desideri ed emozioni, ad una marea di onde che si muove e si agita dentro di noi. I sogni sono come la poesia: hanno le creste alate; con ponti di sapere permettono di leggere i selciati rosso sangue di questa terra marrone e di scandagliare oltre le nuvole, alla ricerca di folletti, di elfi dorati, di muse danzanti. I sogni sono campi di grano, rosolati dal sole: essi rappresentano quella dimensione “immateriale”, che insieme ad altri agognati beni non consumistici, come l’amore, l’amicizia, la gratuità, il dono, la libertà, la compartecipazione, aiutano a vivere meglio, a dare significato rilevante al giorno che sorge. In quest’era di grave crisi economica a livello mondiale, di disoccupazione, di inoccupazione e di precariato dilaganti, il sogno è un balsamo salvifico, la panacea benedetta, che può curare le ferite. È un soffio di vento tiepido, un sollievo non da poco, al cospetto d’una società talvolta fredda e insensibile, d’un mondo di macerie d’intorno. Addirittura possiamo dire che finanche il sogno frustrato e spezzato possa essere benaccetto, perché esso include un positivo movimento d’attesa. Cosa c’è di più propositivo, di più creativo, che inseguire utopie, chimere rosse, fantasie speranzose? Proprio ora che la incidente e volgare emergenza economica assale, è ora d’aprirsi ad un cielo lapislazzulo, ad un sole lucente, ad una stagione rinnovata. La “povera” economia capitalistica, con le sue regole ferree, con le sue piattaforme iperrazionali, ha creato sacche di esclusione, mostrando un ghigno odioso, una faccia impietosa, la sua bocca divorante. E noi tutti lambiti o toccati strettamente da varie forme di disagio, possiamo attivare un sistema immaginifico di anticorpi: vagheggiamento, bellezza, fantasticheria, nonostante gli impedimenti che ci incatenato, ci frustrano e ci limitano. Claudio Risé, un po’ ingenerosamente, include nel deragliamento della ragione anche le tecnoscienze, di cui dà un giudizio negativo. Forse, certa scienza può peccare talvolta anche di senso di onnipotenza, può pensare impropriamente che ogni storia di causa ed effetto possa spiegare le più riposte leggi dell’universo. Purtuttavia, non si può disconoscere il valore inerente dell’ultima rivoluzione scientifica, dalle nanotecnologie alle bioscienze. Le biotecnologie, ad esempio, non sono una illusione, ma una realtà concreata, realizzata. Senz’altro esse, come scriveva il Nobel Dulbecco, “mettono necessariamente in discussione la nostra cultura e i nostri valori”. Epperò, la scienza non è solo ragione: essa è anche immaginazione, visione. Gli scienziati sono come i poeti, sanno maneggiare il sentimento e gettano uno sguardo oltre l’ultimo orizzonte.
Marcello Buttazzo
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