di Marcello Buttazzo –

Antonella Rizzo
L’ora del sole medio
I Quaderni del Bardo, Collana di Poesia 2023

Il villaggio è sotto la sabbia, piene le vie, le stanze, le tazze
Il villaggio è scomparso.
Nel ritorno ha tradito i campi in semina.

Quel giorno di marzo
ha dimenticato il suo profumo.

Camminare è spaventoso nell’ora del sole medio
quando le olive marciscono sotto la pioggia
e le lucertole sono ombre senza coda.

È appena uscita (ottobre 2023) la silloge “L’ora del sole medio” (raccolta di apocalissi minime) di Antonella Rizzo, edita dai Quaderni del Bardo edizioni di Stefano Donno. Antonella Rizzo, nata nel Salento, dopo un lungo dialogo con il Senegal e con le comunità migranti, è arrivata a Milano dove insegna nelle scuole di periferia. La poesia è la sua arte d’elezione, il suo buon ritiro, il suo mestiere di vivere. Per la poetessa, “l’ora del sole medio è il momento della scrittura senza ombra durante il quale è impossibile nascondersi. È la fine di ogni fine, un’apocalisse di luce in cui i dettagli sono al pari del tutto e dicono di più”. Una raccolta di versi delicata, che si svolge con uno stile elegante. È necessario più che mai leggere con attenzione fra le pieghe recondite delle parole per cogliere il fiato dell’universo, il respiro del mondo. La poetessa non è molto propensa a fare parlare l’”io”, ma molto più acutamente fa balenare un “noi”, che è storia d’una comunità multipolare. Una poesia del particolare, dell’analisi dettagliata. Antonella Rizzo è come una ingegnosa rabdomante, una meticolosa archeologa che scava senza scalpello, a mani nude, “dove la luce è uguale alle tenebre”. La sua scrittura non cede mai minimamente agli inutili orpelli, ai reboanti barocchismi, ma segue un registro puro e originalissimo, un procedere allettante.

Nella prefazione Ignazio Licata, a un certo punto, scrive: “I poeti sono come gli angeli, non cambiano mai, è la tonalità del canto a cambiare con la forma del mondo. Nell’ora del sole medio ci sono solo naufraghi e migranti in lento movimento, impiccagioni, mute di cani rabbiosi, terra secca e racconti perduti. C’è una guerra lontana o forse vicinissima. Non c’è ombra, tutto è luce accecante”. E, in effetti, l’Autrice è una instancabile esploratrice di identità plurali. E così scorgiamo Lisbona. Osserviamo Carmelo in fondo alla campagna che siede solo, tra voci di scirocco, appare alla notte come alla Madonna. Barbaglia di luce la terra del Salento. L’uva è dolce nella terra rossa, l’estate è un passato senza saluto né nome, è il rosso perduto dei pomodori nuovi, quelli che bruciavano al sole e riempivano le vite come boccacci. Sotto le unghie la poetessa ha la terra dei suoi scavi. Il sole medio giunge mentre guardi in basso, come il più cieco degli esseri, mentre tagli cipolle. La vita, si sa, è anche dolore e privazione. È travaglio. E Antonella Rizzo poeticamente si confronta con tutto ciò. Così afferma Dario Talarico nella postfazione: “Non si vive se non ci si misura con la perdita. Pertanto – che si tratti dell’amore o di un branco d’appartenenza, di una terra d’origine rivendicata o detestata, del tempo “lento e amaro” di un padre che aspetta la propria morte o dell’aborto di un figlio – sono appunto l’assenza e il commiato impossibile ad agitare in maniera trasversale “L’ora del sole medio”. Un amore perduto forse mai toccato abbastanza, forse mai preso abbastanza, fa aspettare la poetessa nel buio, lontana dal branco, che l’albero s’infiammi e diventi foresta perduta. Per la morte di un figlio si redigono parole vibratili d’amore: “Devo salutarti, figlio mio, eppure/ti tengo con me e canto/”. Commoventi i versi sul padre: “Quando muore un padre?/ Muore il giorno in cui non puoi più piangere./ Nessuno più spaventerà la foresta con le tue lacrime./” A volte, la poetica di Antonella Rizzo riecheggia di canti antichi e moderni. Come i versi per Edda, che sapeva di amaro e paure e rabbia e Salento salato di padre e miseria. Ne “L’ora del sole medio” protagonista è una umanità periferica. Ed ecco la memoria d’una donna mai più vista. Ed ecco un amico perso di vista: “Un giorno ci rivedremo/ un giorno mangeremo pane e sale./” Antonella Rizzo ci dona un libro prezioso di poesie, con rimandi al mito, con radici che affondano nel connettivo del passato, con un respiro di sacralità e di umanità dirompenti. Antonella Rizzo è una poetessa modernissima. È dirimente sapere da dove veniamo, conoscere gli albori dei nostri vissuti, per disegnare arabeschi struggenti di visioni. La poetessa è una ricercatrice di vita, sa andare a fondo nelle cose, sa guadare con occhi chiari l’esistente. E anche se la realtà effettuale, talvolta, è dolorosa, Antonella sa effettuare una serafica navigazione, perché conosce le lacrime, il tormento. E lo sa attraversare.

Dove sono i bunker
Non lo sappiamo, 
non ce lo hanno detto.

Le sirene, le sirene canteranno
e noi al palo per resistere.

Fila, fila e aspetta. 
Arriverà la guerra e 
non te lo hanno detto

Marcello Buttazzo