di Antonio Stanca –

Quel luogo a me proibito, edito nel 2021 da Feltrinelli nella serie “Narratori”, è il secondo e più recente romanzo di Elisa Ruotolo, docente di materie letterarie che vive in provincia di Caserta. È nata a Santa Maria a Vico nel 1975, ha studiato, si è laureata e il suo esordio in narrativa è avvenuto nel 2010, quando aveva trentacinque anni. Scrisse allora i tre racconti contenuti in Ho rubato la pioggia, piccola antologia che conseguì il Premio “Renato Fucini” e mise in evidenza la vita nel Meridione d’Italia, il suo scorrere lento, fatto di silenzi, superstizioni e altre inutilità. Suo primo romanzo sarà Ovunque, proteggici del 2014, dove si soffermerà a ricostruire la storia di un’antica famiglia campana, della sua villa, di un delitto e di quanto di oscuro, misterioso, pauroso vi si era accumulato col tempo. Un esempio italiano di “realismo magico” è stata considerata l’opera e segnalata al Premio Strega 2014. Anche una raccolta poetica, Corpo di pane, ha scritto la Ruotolo nel 2019 e lunghi, approfonditi studi ha dedicato in tempi recenti ad Antonia Pozzi, poetessa milanese vissuta nei primi anni del ‘900. Nel 2021 si colloca il suddetto secondo romanzo nel quale ritorna quel Sud d’Italia che sembra l’ambiente preferito dalla scrittrice. Ritornano certe situazioni familiari, certi personaggi tipici dell’entroterra napoletano ma a differenza delle altre opere c’è un risvolto nuovo, improvviso, si arriva ad una frattura tra antico e nuovo, passato e presente. È un problema che viene sofferto dalla protagonista, soltanto da lei. Una donna matura, di quarantadue anni, è quella protagonista che nell’opera ripercorre in prima persona e in tempi piuttosto moderni la sua vita, che sottopone ad un’analisi minuziosa, interminabile, quanto le è successo dalla nascita alla maturità. Il suo è stato il caso della bambina ultima di tre fratelli tutti vittime di un padre indifferente, assente, attento solo alle sue cose, e di una madre estremamente rigorosa. Ma a differenza della sorella e del fratello lei sembrava aver ereditato l’indole ribelle della nonna materna, il suo “sangue ferino”. Fin da piccola si concedeva a pensieri diversi da quelli dei fratelli, da quelli propri dell’ambiente familiare, dell’educazione impartita, delle regole, delle prescrizioni che vigevano in casa. Era attirata da un senso di libertà, di indipendenza che le faceva invidiare le compagne di scuola meno legate a quanto richiesto dalla famiglia, dallo studio, dalla religione, le faceva pensare altri modi di fare, di vivere. Poteva, però, soltanto pensarli, sognarli ché sempre impedita, ostacolata a raggiungerli era stata dalla casa. Divisa, pertanto, era vissuta tra il desiderio di evadere e il timore di trasgredire, tra quanto la attirava e quanto la frenava, tra la casa e la vita. Questo contrasto si era prolungato fino all’età matura, era continuato anche quando era diventata una professionista affermata, una donna stimata. Neanche allora aveva stabilito dove, come stare, cosa fare, neanche allora aveva smesso di lottare tra dentro e fuori.

Con l’età quella spinta a liberarsi di una certa vita ed a partecipare di un’altra era diventata più forte. Sarà così che accetterà la compagnia di Andrea, un bell’uomo di poco più grande, che aveva mostrato di apprezzarla. Per la donna era stata una scoperta, una rivelazione, era stato il raggiungimento, avvenuto in modo naturale, di quanto aveva fatto parte dei suoi sogni, di quello che era stato solo un pensiero. Con Andrea si frequenterà, usciranno insieme, parleranno a lungo, si confideranno, s’innamoreranno. Ma quando l’amore dell’anima chiederà anche quello del corpo, quando dal piacere dei sentimenti si giungerà a quello dei sensi, lei non riuscirà a sottrarsi ai comandamenti che le erano stati inculcati, alle paure che le venivano da lontano. Tante saranno le rassicurazioni, le esortazioni di lui affinché non considerasse un problema, un “luogo proibito”, il rapporto sessuale. Non sarà, tuttavia, possibile e finiranno di stare insieme. Quelle remore, quei limiti che risalivano a quando era bambina, al rigore che aveva vissuto, riemergeranno in tutta la loro forza, la fermeranno, la faranno tornare indietro quando avanti aveva finalmente creduto di poter andare. Così si conclude la storia di una donna in un libro composto quasi esclusivamente dall’analisi di quanto è avvenuto nel suo animo, dei pensieri, dei sentimenti che lo hanno attraversato durante tutti quegli anni. Un continuo “flusso di coscienza” è il romanzo, sempre oltre si mostra capace di andare la scrittrice nell’indagine interiore. Non c’è mai sosta nel suo dire quasi fosse rivolto a lei stessa, quasi volesse spiegarla, annoverarla tra quelle “vittime dei pensieri” che sempre ci saranno.

Antonio Stanca