di Antonio Stanca –

Uno dei più recenti lavori di Maurizio De Giovanni, Il concerto dei destini fragili, è comparso ad Agosto di quest’anno nella collana “Narratori” allegata al “Corriere della Sera”.

De Giovanni è uno scrittore napoletano, a Napoli è nato e qui è vissuto a lungo. Ha cominciato a scrivere nel 2005 e molto ha scritto, soprattutto romanzi e racconti. “Giallo” è il genere della sua narrativa, note sono le serie del commissario Ricciardi, dell’ispettore Lojacono e della detective Sara Morozzi. Molto letto e molto tradotto è De Giovanni,attira la sua maniera di procedere con lentezza, con semplicità, con chiarezza tra le persone, le case, le strade, le vicende della vita quotidiana, quella umile, povera,malfamata, quella che favorisce i cattivi pensieri, le cattive azioni, i reati. Sono questi gli ambienti, i temi che ricorrono nello scrittore, nelle sue narrazioni, quelli che lo hanno da tempo segnalato come un “maestro del giallo”.

Stavolta, però, con Il concerto dei destini fragili, non ha scritto un “giallo” ma un’opera che contiene le storie di tre persone diverse, che le svolge separate. Sembrano tre racconti isolati che alla fine, però, lasciano intravedere la possibilità, la maniera di avvicinare quelle persone, di trovarvi elementi, aspetti comuni.

Un dottore, un avvocato e Svetlana, un’immigrata che convive con Vlad dopo che finito era il rapporto con l’uomo dal quale aveva avuto Sonia, sono i protagonisti dell’opera.

Svetlana presta servizi domestici, Sonia è ormai una ragazza che va a scuola mentre Vlad trascorre molto del suo tempo in casa essendo diventato difficile trovare lavoro. A Svetlana spettano le incombenze maggiori in casa e fuori e vi assolve con convinzione,volontà e coraggio. Lo fa da anni e riesce a procurare quanto serve alla sua piccola famiglia.

Il dottore e l’avvocato lavorano ognuno nel proprio ambiente, il primo in ospedale, il secondo nel suo studio. Anch’essi sono mostrati come molto diligenti, molto seri nel carattere e negli impegni. Il dottore ha quasi fatto dell’ospedale la sua casa, degli ammalati, delle loro pene i suoi unici interessi tanto è il tempo che dedica loro specie adesso col Coronavirus.

L’avvocato, però, è in crisi da quando è finita la relazione con la donna che adorava. Anche il dottore soffre la mancanza di una compagna, di una famiglia, si lamenta di aver scambiato con la sua professione, con la sua attività il fine ultimo della sua vita. E pure Svetlana ha problemi ora che, a causa del Coronavirus, non viene più chiamata a prestare servizio nelle case, ora che Sonia è diventata grande e Vlad, sdraiato sul divano per molto tempo, è diventato un peso per entrambe.

Lontane erano rimaste queste persone, diversa era stata la loro storia anche se si svolgeva nella stessa città, negli stessi tempi. Ora, però, è insorta, in ognuna, una condizione di disagio, di sofferenza che le sta unendo. Avevano creduto di farcela da sole, di riuscire sempre negli impegni che si erano assunti, nella vita che si erano proposta ma da un po’ non ne sono più sicure, sentono il bisogno di un riferimento, di un sostegno e tutte lo pensano, lo immaginano, lo identificano con la persona che non hanno avuto ohanno perso. Così finisce l’opera del De Giovanni, con i suoi tre protagonisti che invocano la presenza, l’aiuto che è mancato, con le loro voci che diventano “Il concerto dei destini fragili”. C’era qualcosa che li univa senza farsi vedere, qualcosa che li avrebbe fatti assomigliare, il destino. De Giovanni l’ha colto ed ha saputo farne un’abile costruzione, un’apprezzabile rappresentazione.

È sempre riuscito ma stavolta meglio che altrove.

Antonio Stanca