La docente Lidia Caputo collabora con le cattedre di Filosofia Morale e Filosofia Teoretica del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi del Salento. Lidia Caputo viaggia con passione sul battello ebbro della poesia. Sa riscoprire la bellezza della parola, ogni sua sfumatura di significato, e sa farne dono per una gioiosa condivisione. “Come fanciulla” è il titolo della sua nuova raccolta di versi, edita dal Gruppo Albatros (Roma), appena uscita in libreria.

“Come fanciulla” è un impegno programmatico e paradigmatico, nel senso che lo stupore fanciullo, la meraviglia rapita tipica dell’infanzia del mondo, il vagheggiamento trasognato, percorrono tutti i versi di Caputo, dando freschezza, rigoglio, vivacità all’incedere. Le poesie di Lidia Caputo sono giovani, perché in essa furoreggia l’anima indocile e rossosangue dell’Autrice. Troviamo in “Come fanciulla” un’ampia costellazione di intendimenti: l’amore lontano, quello presente, quello agognato e vezzeggiato, le ferite risanate, che diventano nuove aurore sognate.
Troviamo, soprattutto, l’ardore, sicché possiamo dire che “Come fanciulla” spieghi compiutamente la semantica del desiderio. Lidia Caputo è, per l’innanzi, una donna che sa amare il prossimo, sa entrare in sintonia compartecipativa con l’altro, conosce le regole auree del rispetto, dell’alterità, della correttezza morale. È una donna che ama e sa amare. E guidata dalle ali della maestra poesia, tenta di costruire ponti di conoscenza. C’è un pathos, nei versi, che vibra di fulgenti corde.

C’è un sentimento che scorre come un flumen continuo e permeante. Nella prefazione, Pierfranco Bruni ha scritto che “Lidia Caputo è un’archeologa del sapere e della saggezza dei linguaggi”. Lei scava nella parola, con il suo armamentario di classicità; ciononostante, lo svolgersi del linguaggio, delle metafore, dei sintagmi, è più che mai moderno e contemporaneo. Le sue poesie sono vive, sono amaranto, sono celeste cielo, azzurrate come il vascello di Dio. Non hanno nulla di retorico e di formale, sono uno scandaglio interiore nell’essere, con lo scopo manifesto di compendiare personale e universale. La poetessa non impiega mai la rima, raramente le assonanze, mancano completamente gli artifici del pensiero. Tuttavia, queste poesie hanno un ritmo sostenuto, spedito.
A chi legge e scorre le pagine di “Come fanciulla” sopraggiunge una sensazione: c’è qui una grande, stoica serenità d’animo dell’Autrice. Un equilibrio dinamico di chi ha conosciuto, senz’altro, anche le tempeste e il dolore, e ha saputo trasformarli con piglio analitico in inedite albe sorgive. Solo chi brucia per il travaglio, se poi riesce a trasformare e mutare e mutuare il dolore, può bere alle sorgenti pure di acqua fresca.
“Come fanciulla” è una silloge di persone, una silloge in carne ed ossa. È, tra l’altro, come un Canzoniere dedicato agli affetti: dalla madre (recentemente scomparsa), al padre poeta Erminio Giulio Caputo; dal figlio Giorgio, ai nipoti Matteo e Lorenzo, fino all’amato Giovanni, persona colta e gentile, con una assoluta dolcezza d’animo. In “Come fanciulla” la terra salentina è vibratile di zolle marroni e di mare d’acqua salata. Castro è “rocca sorgiva/che tra smerigli di falesie/e ambrati coralli/, avvince la poetessa. In “Come fanciulla” traluce una Natura di panico lucore, di splendore, con le lune, le primavere di biancospini, profumi di magnolia e di gelsomini d’Arabia, soffi impetuosi di libeccio, melodie di mirto e lentisco, rossi tulipani, fresie sparse sull’ermo campo. I versi di Lidia Caputo hanno un cuore carnale in un’anima spirituale. Sono versi da leggere

Da lontano
è onda marina,
che mi avvolge,
la brama
di varcare il tuo porto.

Da lontano
i tuoi silenzi
sono rovi verso
la nuova luna protesi.

Da lontano
come fiume lavico
erompe la passione
delle vene e si placa
nell’eco dei canti
e maree,
sul lido di nivei coralli.

Marcello Buttazzo