di Paolo Vincenti –

Il suo contratto scade / e scadono le sue opinioni.
E’ pronta già la lettera / con scritte le sue dimissioni.
E’ stato un grande amico, /prezioso collaboratore.
Adesso c’è bisogno / di un esperto del settore.
E’ il turnover!
E’ il turnover!
Il turnover!
E’ un gesto di uguaglianza, /di mobile alternanza,
di complice attenzione /a tutto il mondo che avanza.
Il turnover!

(Enrico Ruggeri – “Turnover”)

Un governo a scadenza, come lo yogurt, quello Gentiloni, in dipendenza del tempo necessario al Parlamento a confezionare una nuova legge elettorale e a Renzi a confezionare un nuovo progetto credibile agli occhi degli elettori. Ché Renzi rimonterà in sella, è noto a tutti; anzi non vi è mai sceso, perché se ha mollato le redini del Governo, tuttavia tiene saldamente in mano quelle del principale partito italiano. E poi, si può dire che abbia lasciato il Governo? Quello di Gentiloni, teleguidato dal segretario del Pd, è un copia- incolla del governo Renzi. La sete di potere del Matteo nazionale è inestinguibile, come la brama di apparire, la smania di protagonismo. Infatti, Lotti, Boschi, Martina, Delrio, insomma gli uomini forti del renzismo, continuano a sedere sugli scranni governativi, addirittura si è stretto ancor di più il cerchio intorno al cosiddetto “Giglio magico”, mentre quelli che potevano costituire dei piccoli fastidi (i nani che si credono giganti), come Scelta Civica e Area Popolare, sono stati ancor più marginalizzati. E’ certo che all’interno del Pd si scatenerà ora una resa dei conti che vedrà le minoranze calpestate (Bersani in primis) tornare all’attacco,  e se nessuno, nemmeno Speranza (perduta), finora ha chiesto la testa del segretario, ci sono vieppiù avvisaglie di una battaglia asperrima che si combatterà fra le mura del Nazareno. Cuperlo, Fassino and company cercheranno in tutti i modi di detronizzare il Re Sole, se ne inventeranno di ogni per scalzare il cowboy Matteo, il quale dovrà difendersi tirando fuori tutta la proverbiale cattiveria per vincere la sfida nel suo mezzogiorno di fuoco, che si consumerà in occasione del congresso Pd. Ma fino ad allora (è infatti interesse di Renzi procrastinare sine die l’appuntamento fatale), il “Giglio magico” si sarà riorganizzato e l’invincibile armata degli ex rottamatori avrà tirato il fiato, riarmato l’artiglieria e regolato i conti con tanti nemici. In questo interregno, spetterà al gentleman Gentiloni governicchiare, cioè guidare senza infamia né lode il Paese, in attesa del ritorno di colui al quale il Premier dimidiato non è degno nemmeno di slacciare i sandali, vale a dire il celeste “Matteo secondo (Vangelo)”.
Gentiloni il felpato, politico di lungo corso e uomo onesto, anzi integerrimo, stando a tutte le fonti di stampa, potrà contare su una squadra di governo ben rodata, dal momento che quasi in blocco è stata riconfermata, a partire dal Ministro dell’Economia Pier Carlone Padoan (quello che non sa quanto costa un litro di latte o un chilo di rape perché, dice, la spesa la fa la moglie), e dal Ministro del Lavoro “Voucher” Poletti (quello che dice che certi giovani che vanno all’estero per lavorare in fondo fanno bene a levarsi dalle palle). Passando dalla “donna invisibile” Marianna Madia (c’è, c’è, non si vede ma c’è), dalla pasionaria ex Cgil, la rossa Fedeli, al sempre ritornante Angelino “eterno secondo” Alfano, e fino alla Maria Elena nazionale, la “bonazza” Boschi (quella che aveva promesso di harakirizzarsi insieme a Matteo in caso di sconfitta).
Gentiloni, ovvero Paolo il freddo, un “premier pattina” come lo definisce Il Fatto Quotidiano, avrà il suo bel da fare in tutto questo bailamme di crisi politica e disordine sociale, emergenze lavorative e pericolo sicurezza, a far finta di fare cercando di non fare (o a fare facendo finta di non fare?), insomma a far di necessità virtù. Il nuovo esecutivo dovrà recare meno danni possibile fino a quando non spirerà il suo giorno e verrà il momento di riconsegnare baracca e burattini all’uomo della fortuna, messere Matteo da Firenze. Al momento del passaggio delle consegne, Renzi, insieme alla campanella che agitava giulivo come un bambino all’ultimo giorno di scuola ma che sa che a settembre si ritorna sui banchi, ha consegnato a Paolo il felpato anche la felpa di Amatrice (sennò che felpato sarebbe?), come dire un avviso di sfratto, un messaggio occulto, ma neanche tanto, per fargli capire che il suo potere è precario come i terremotati. Quindi poche chiacchiere, Paolo il freddo, non ci montiamo la testa, e ricordiamo sempre la lezione dei lirici greci, i quali sostenevano che siamo come le foglie, al minimo soffio di vento cadiamo giù. Insomma, caro Paoloyogurtato, come t’ho creato ti distruggo, capito? Quindi, il Premier moquette ha poco da scialare, nei mesi di vita che il Pd gli concederà. Potrà cantare una mesta canzone, come l’orchestra del Titanic mentre la nave affondava. Paolo il freddo è come i turnover, come i gruppi spalla ai concerti, quelli che scaldano il pubblico in attesa della star. Il primattore è  e resta lui, Renziforever, è lui il cantante che il pubblico aspetta e per il quale ha pagato il biglietto. Al cantante il pubblico chiede sempre il bis. E Renzi è pronto a concederlo.

Paolo Vincenti