di Antonio Bruno Ferro –

Serve un piano nazionale a tutela dei paesaggi storici redatto dai tecnici agricoli insieme agli archeologi.

Con tutto il rispetto per Salvatore Settis autorevole autore dell’articolo apparso oggi sul Sole 24 ore* nel quale lo stesso afferma che a occuparsi di Paesaggio Rurale Sorico debba essere la Direzione generale del Ministero dei Beni Culturali  (ora in capo a Federica Galloni Direttore Generale per le Arti, l’Architettura e il Paesaggio) la Soprintendenza locale (tenuta da Maria Piccarreta), la Regione e i Comuni e che questi ultimi debbano redigere un piano nazionale a tutela dei paesaggi storici, io ritengo che tale condizione sia sicuramente necessaria ma, allo stesso tempo, gravemente insufficiente.
Che tutte queste istituzioni debbano affrontare l’emergenza pensando al futuro del paesaggio storico del Salento con piena cognizione del suo passato e che a tutto ciò debba contribuire l’Università del Salento con sede a Lecce, dove operano archeologi di grande competenza ed esperienza su questi temi sembra davvero una impostazione che non prevede che il Paesaggio Rurale oltre che la sua funzione storica debba essere fornitore di cibo per le persone.
Se così prevede la visione del prof. Salvatore Settis certamente allo stesso tempo avrà previsto l’esproprio di quel territorio per consentire allo Stato la sua gestione che sia finalizzata esclusivamente alla tutela del paesaggio storico a spese dell’intera collettività.
Forse l’Archeologo Salvatore Settis non è a conoscenza che sempre l’Università del Salento con sede a Lecce ha istituito un Corso di Laurea in Agraria ed è solo per questo che non pensa che possa essere di qualche utilità alla redazione di un piano che oltre alla conservazione e alla tutela e quindi alla sostenibilità culturale, possa contribuire al tentativo di definire una sostenibilità economica per i proprietari di quel paesaggio.
Il Paesaggio Storico del Salento leccese è certamente un Bene Culturale che può essere conservato e valorizzato solo come tale ricorrendo all’esproprio e con l’istituzione di un Parco nazionale gestito interamente dallo Stato con le conseguenti spese a totale carico della collettività.
Oppure insieme con i proprietari di questo territorio si potrebbe mettere in campo la progettazione partecipata per far si che tale tutela possa essere compatibile con la produzione agricola e quindi con la sostenibilità economica di chi si occupa quotidianamente di quel paesaggio e quindi dei proprietari.
Per fare questo oltre ai proprietari ci vogliono il corso di Laurea in Agraria dell’Università del Salento, insieme ai Periti Agrari, gli Agrotecnici e i Dottori Agronomi del territorio perché le competenze in tema di produzione agricole non mi sembra che siano degli archeologi, se sbaglio il prof Settis me lo farà presente ed io farò ammenda di quanto scritto.

Antonio Bruno Ferro

*L’Articolo del prof Settis sul Sole 24 ore del 13 ottobre 2019