di Marcello Buttazzo –

La pena di morte è una pratica crudele, immorale, un funesto ferrovecchio della storia. Da decenni, s’è capito che l’atteggiamento più corretto da adottare per poter giungere, un giorno, all’abolizione in tutto il mondo della barbara e inumana pena è di carattere persuasivo. In effetti, molto attive sono alcune associazioni abolizionistiche (laiche e cattoliche), come ad esempio Nessuno Tocchi Caino, Amnesty International, la Comunità di Sant’Egidio, che pongono al centro del loro agire la tutela della vita umana tramite opportuni interventi di carattere anche diplomatico. Sono nate così, in questi anni, tante iniziative per cercare di convincere alcuni potenti che lo Stato non può comportarsi da Caino verso i suoi cittadini. Nella “Giornata mondiale contro la pena di morte”, promossa per iniziativa della Coalizione mondiale contro la pena capitale nata a Sant’Egidio nel 2002 a Roma, è arrivata puntuale la richiesta del Papa, che in un tweet ha scritto: “Chiedo a tutte le persone di buona volontà di mobilitarsi per ottenere l’abolizione della pena di morte in tutto il mondo”. Le buone novelle possono servire a ravvivare le coscienze. I cattolici e i radicali di Nessuno Tocchi Caino, da anni e anni, presentano moratorie in sede Onu. C’è la consapevolezza davvero che l’azione diplomatica, di convincimento, possa giovare a sbarazzarsi di questa pratica ferina, cruenta. Non è un caso che tanti paesi l’abbiano abolita. In Africa, negli ultimi 11 anni, sono aumentati sensibilmente i paesi abolizionisti. È di poche settimane fa l’abolizione nella Repubblica Centrafricana. In Cina, le esecuzioni sono state ridotte in poco tempo del 30%. Dal momento, però, che l’orrida logica della vendetta di Stato è radice difficile da estirpare, si deve assistere ad alcune terribili recrudescenze, tipo che qualche Stato renda ancor più malvagia l’inconcepibile massima pena. Infatti, l’Alabama sta cercando di legalizzare un nuovo modo per uccidere per legge: fare respirare al condannato solo il nitrogeno, eliminando l’ossigeno. 

Marcello Buttazzo