Per un’etica della responsabilità
di Marcello Buttazzo
Il mondo è affaticato, agonizzante, percorre selciati rossi rossi di sofferenza. Il mondo è umiliato, mortificato, sopraffatto da un sistema di sviluppo pervicacemente invasivo, che annichilisce i più poveri, deprivandoli delle risorse e delle materie prime. I potenti del villaggio globale edificano giornonotte le loro politiche rapinose, a detrimento dei senza parola. Gli sfrontati potenti del villaggio globale costruiscono, senza alcun scrupolo, i loro modelli “vincenti”: chi vive di stenti paga il pedaggio e le spese. L’economia capitalistica dovrebbe essere mitigata e integrata in qualche modello più giusto, più eticamente sostenibile, per accorciare le distanze, per rendere meno travagliose le sacche di esclusione. Il Santo Padre, nel suo recente viaggio in Africa, ha incontrato gli ultimi della Terra, che con affetto, danze, musiche, urla di gioia lo hanno benevolmente abbracciato. In particolare, fra le altre cose, il Papa ha rivolto il suo appello accorato ai cristiani: “Ascoltiamo il grido dei poveri”. Il monito di Francesco potrebbe essere accolto anche dalla comunità internazionale e dalla politica mondiale, che dovrebbero saper ricorrere a misure pragmaticamente sostenibili. Le ricche e spregiudicate potenze occidentali, da sempre, hanno adottato nei confronti dei Paesi a Sud del mondo piattaforme violente, di spoliazione, di accaparramento delle risorse, delle sostanze minerarie, del petrolio. Da cittadini liberi, vorremmo che i Grandi del pianeta facessero prevalere una superiore etica della responsabilità, rinunciando magari a una parte degli esorbitanti investimenti e speculazioni sui mortiferi armamenti, per sanare il debito verso gli Stati più poveri, ripetutamente depredati. Le istituzioni dei vari governi non riescono, sovente, a riparare gli scompensi, che in tanti anni hanno prodotto. A varie latitudini, purtroppo, ancora oggi, si muore non solo a causa dei conflitti, ma anche per la fame. La Fao ha certificato che milioni e milioni di esseri umani nel mondo sono sottonutriti, malnutriti. Di contro, nelle opulente società occidentali, un miliardo e mezzo di persone sono sovrappeso. Il problema della fame nel mondo è una questione che riguarda direttamente i governi democratici, che dovrebbero saper intervenire per interrompere i poco virtuosi cortocircuiti fra politica, economia ed ambiente. Ma, in questa triste era, le istituzioni mondiali hanno lo sguardo attento soprattutto alle infinite guerre da perpetrare. Per fortuna, però, da noi i movimenti cattolici continuano a muoversi alacremente. Il prossimo 13 dicembre, i giovani cristiani s’impegneranno fattivamente in una raccolta fondi. Lo scopo è incoraggiante, meritorio: far raggiungere l’autosufficienza alimentare a 10000 famiglie del Sud Sudan, della Somalia, dell’Ecuador, del Marocco. Certo, è una piccola meravigliosa goccia, che serve ad edificare oceani di solidarietà. C’è chi evoca continuamente, fra i politici, l’importanza di addivenire al “bene comune”. Sulla supposta bontà del “bene comune”, tanti rappresentanti delle istituzioni blaterano e naufragano fragorosamente nei chiassosi salotti televisivi di prima e seconda serata. I giovani cattolici, con la campagna “dal seme al cibo”, desiderano far germogliare il bene vero e tutelare la dignità dell’uomo, nel monito di Papa Francesco: “C’è cibo per tutti, ma non tutti possono mangiare, perché il nord del mondo preferisce sprecare”.
Marcello Buttazzo
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